Capita di pensare che il ministro Tremonti abbia deciso di competere con l'allenatore dell'Inter Mourinho per il Nobel del non mandarle a dire, senza curarsi dell'impopolarità. Quando proprio non era di grandissima moda, questo giornale ha espresso le sue critiche al ministro dell'Economia, giudicato volta a volta troppo severo con la globalizzazione, ruvido con le banche, alla Quintino Sella sulla spesa in un momento di crisi, non positivo sulle riforme, fino all'idea di Guido Tabellini di matare l'Irap. Non la pensiamo allo stesso modo sul mercato del lavoro moderno, il posto fisso oggi si chiama innovazione e aggiornamento, vedi Friedman sul New York Times. Bene, confermiamo tutto: se vediamo però montare subdola contro chi tiene il timone dell'economia del paese la solita melma di calunniette, illazioni, ricattini, frecciatine, morsi di cimice, operati nell'ombra da chi, in pubblico, non oserebbe mai contraddirlo, allora tendiamo la mano a Tremonti. Caro ministro, occhio! Meglio una critica franca del solito, nefasto, fuoco "amico".