Coca Cola, Ibm, Microsft, Google e Toyota: colossi dell'alimentare, ma soprattutto dell'hi-tech e dell'automotive. Sono questi i marchi globali che valgono di più secondo la classifica 2009 di Interbrand. Solamente quattro brand italiani compaiono nella top 100: Gucci, Prada, Ferrari e Giorgio Armani, testimoni dell'unico "settore" che, stando alla classifica, rappresenta il made in Italy all'estero. Grandi assenti nomi come Fiat, Brembo, Barilla, Ferrero, Benetton che nulla hanno da invidiare ai brand classificati. Nulla, tranne le dimensioni (eccezion fatta per Fiat un'azienda, non un marchio, globale). Colpa, o forse merito, del modello industriale italiano fatto di piccole e medie imprese, eccellenze in molti settori, come l'hi-tech, ma troppo piccole per fare massa critica e competere con i giganti stranieri. Un bene o un male? Non c'è una regola: se per alcuni (Google, ad esempio) globalizzazione significa l'esistenza stessa, per altri potrebbe diventare appiattimento, perdita di valore e identità. La forza di un marchio sui mercati mondiali è importante, così come la qualità e la capacità di innovare anche con confini più limitati.