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L'Italia cresce nelle nicchie super-tech

di Sandro Mangiaterra

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23 febbraio 2010

Che cosa è accaduto a San Fratello, nel Messinese, e a Maierato, in provincia di Vibo Valentia, gli ultimi di una lunga serie di paesi devastati dalle frane? Si poteva in qualche modo prevedere lo scivolamento delle colline? Ma soprattutto, quale sarà l'evoluzione nei prossimi mesi? Alessandro Ferretti, 42 anni, amministratore delegato della Tre (Tele rilevamento Europa) di Milano risponde: «Belle domande. Fior di esperti sono al lavoro per fornire risposte. Noi cercheremo semplicemente di dare una mano, mettendo a disposizione la nostra tecnologia».

Detto, fatto. La Tre, il primo spin off del Politecnico di Milano, dieci anni di vita da festeggiare a marzo, raccoglierà per conto della Protezione civile la serie storica di fotografie satellitari scattate su San Fratello e Maierato dal 2003 a oggi. Proseguirà poi il monitoraggio delle aree per capire se e in che misura i moti franosi continueranno. E metterà così a disposizione dei tecnici una serie di elementi indispensabili per stabilire quando i cittadini potranno rientrare con sicurezza nelle loro case.

Certo, in un paese dove il 70% dei comuni sono a potenziale rischio elevato, sarebbe meglio muoversi prima che i disastri avvengano. Guido Bertolaso non fa che invocare la prevenzione come la migliore cura per il dissesto idrogeologico. Finalmente qualcosa si sta muovendo. La stessa Tre, insieme con la e-Geos (del gruppo Finmeccanica) a maggio completerà per il ministero dell'Ambiente la mappatura integrale del territorio italiano. Saranno evidenziate tutte le modificazioni prodotte da frane, alluvioni, eventi sismici dal 1992 al 2008. Un primato assoluto: nessun'altra nazione al mondo disporrà di uno strumento tanto capillare da utilizzare appunto per la prevenzione delle calamità naturali.

Merito della tecnologia. Il nostro paese, infatti, può disporre di tre satelliti radar per uso civile, inseriti nel programma Cosmo-SkyMed, gestito dall'Agenzia spaziale italiana. La rete statunitense, per esempio, è a destinazione esclusivamente militare. E non è finita, perché entro la fine dell'anno verrà lanciato in orbita un quarto sensore. Si tratta, teoricamente, di una miniera d'informazioni. Il meccanismo è semplice: il satellite passa ripetutamente su un determinato luogo e rimanda le immagini. A regime, le zone più critiche potrebbero venire tenute sotto osservazione in modo pressoché quotidiano.

È qui che entra in gioco Tre. «Dieci anni fa - spiega Ferretti - nei laboratori del Politecnico abbiamo messo a punto un software, basato su un algoritmo, in grado di elaborare questa grande mole di immagini satellitari. Ne è nato un brevetto internazionale, che a sua volta è all'origine della costituzione della nostra società. In concreto, confrontando gli scatti a distanza periodica possiamo osservare gli spostamenti del terreno anche di un solo millimetro. Facile, a questo punto, individuare le aree maggiormente a rischio».

La Tre è diventata grande. Oggi i ricavi sono di 5,5 milioni, un record per gli spin off accademici, mentre gli addetti sono una trentina, tra ingegneri, informatici, geologi. Nel frattempo è stata fatta richiesta per un secondo brevetto, che affina la tecnologia del primo e dovrebbe assicurare lo sviluppo per il prossimo decennio. Infine, è iniziata la fase d'internazionalizzazione ed è stata aperta una filiale in Canada, per seguire le commesse dell'intero Nord America. La maggiore concentrazione delle risorse, tuttavia, rimane in Italia. Dove c'è sicuramente molto da lavorare. «L'importante - conclude Ferretti - sarebbe sfruttare davvero le opportunità offerte dalla tecnologia. In particolare, la futura mappa a disposizione del ministero dell'Ambiente consentirà di mettere a punto una scala di priorità degli interventi e non d'inseguire le emergenze». Che si possa smetterla di parlare di tragedie annunciate?

23 febbraio 2010
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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