Anni d'incuria o peggio hanno portato l'Italia a essere un paese a rischio frana. In senso stretto, ovvero idrogeologico. Il rapporto Ambiente Italia di Legambiente fotografa un paese ad allarme rosso permanente, in cui il 70% del territorio può smottare da un momento all'altro. In Calabria, Valle d'Aosta e Umbria il pericolo si estende al 100 per cento. Viene da chiedersi che cosa si è fatto per arrivare fin qui. Quale follia abbia portato «a una eccessiva antropizzazione nelle zone di esondazione dei fiumi», che tradotto vuol dire avere costruito case a ridosso o perfino dentro fiumare e torrenti, o sotto costoni di rocce privati di alberi e dunque pericolanti, come a Sarno, anni addietro, o a Maierato, pochi giorni fa. I rapporti impietosi risultano fastidiosi. Ma liquidarli come inutile allarmismo non serve. Se non vogliamo - sia detto senza ironia - che la protezione civile diventi stato di perenne necessità occorre fare un passaggio semplice e difficilissimo: programmare una politica del territorio. Preventiva, non riparatoria. Ma è cosa di lungo periodo, non porta immediati guadagni elettorali. Ci rendiamo conto della difficoltà: servirebbe un salto in avanti della classe politica.