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Tre sfide per diventare un vero leader

di Mario Platero

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23 Marzo 2010

«A Man in Full», un "uomo fatto". Nel best seller del 1998 di Tom Wolfe era Charlie Croker un gentiluomo di successo del sud, bianco, ex campione di football. Oggi, nell'America trasformata, «Man in Full» è Barack Obama, il presidente afroamericano.
Domenica ha vinto soffrendo la sua battaglia epocale, difficile, incerta, per la riforma sanitaria americana. Ha vinto in modo atipico: giocandosi il tutto e per tutto. Questo agli americani piace. Hanno scoperto in lui la capacità di prendere un rischio assoluto, che non gli conoscevano. E di essere un combattente tenace. Non più wimp (mollaccione) come lo punzecchia da sempre Maureen Dowd, columnist amata odiata del New York Times. Non più «troppo razionale», troppo «Mr. Spock», l'eroe cerebrale di Star Trek, e dunque non un vero leader.
Da oggi, in tarda mattinata, quando firmerà il progetto di riforma in legge, nella splendida coreografia della storia, organizzata alla Casa Bianca, Obama si candiderà a diventare un gigante della politica. Per la prima volta, ha mantenuto la promessa del cambiamento, che gli servì per entrare nello Studio ovale. Per la prima volta gli americani si accorgono che questo presidente è riuscito dove i suoi predecessori in un secolo di battaglie avevano fallito. E la sua aureola di presidente "storico" fa capolino. Per la prima volta Obama ha la possibilità di controllare un partito che gli era sfuggito di mano.
Percorsi nuovi, accidentati che si aprono davanti a Obama, con una sfida. Evitare che la vittoria di domenica si trasformi in una vittoria di Pirro: perché, nonostante tutto, la maggioranza degli americani resta contro la riforma sanitaria. Come mai questa resistenza davanti a un progresso sociale? Perché di questi tempi il personale prevale sul collettivo. L'incapacità di capire davvero o di influenzare le 1.300 pagine di riforma, la continuità della disoccupazione, le prospettive di una ripresa senza lavoro hanno generato un cinismo che gli americani non conoscevano. Come abbiamo visto qualche giorno fa, l'articolo più seguito del New York Times non era sulla riforma o sull'Afghanistan, ma su come risparmiare il detergente per la lavapiatti.
Il primo ostacolo di Obama nel dopo è evidente: passato l'entusiasmo della vittoria ci sarà la sobrietà dei sondaggi. Per finanziare l'assistenza ai 32 milioni di americani scoperti, i suoi concittadini temono nuove tasse, proibitive per chi già stringe la cinghia. Domina, in metropolitana, al coffee shop, nei grandi centri commerciali metropolitani la paura per una caduta di qualità dell'assistenza medica. Peggio: si teme di perdere il bene più prezioso per l'americano medio, la libertà di scegliere. E su questo i repubblicani colpiranno durissimo con un obiettivo a breve: vincere quanto più possibile alle prossime elezioni di novembre, addirittura riconquistare la maggioranza di un delle due Camere.
Il fatto è che i litigi, le accuse reciproche, gli attacchi privi di fondamento pagano più della svolta storica. Un repubblicano, Randy Neugebauer, durante il dibattito alla Camera di domenica, ha persino bollato il democratico antiabortista Bart Stupack, uomo chiave per sdoganare la riforma, come «baby killer». È un'accusa infamante? Certo. Come quella di Liz Cheney, figlia dell'ex vicepresidente: ha accusato gli avvocati nominati d'ufficio dal dipartimento per la Giustizia di essere «traditori della patria». Questi estremismi vincono, alimentano il movimento dei tea party e del populismo facilone. Questa diventa per Obama la vera incognita a novembre: lo sviluppo asimmetrico della politica.
Il presidente avrà sette mesi per far partire la sua fase due, per chiudere la riforma del sistema finanziario (e proprio oggi il Senato ha dato il prima via libera alla riforma voluta sal senatore Chris Dodd), per avviare la riforma dell'immigrazione, degli approvvigionamenti energetici, per dimostrare che l'occupazione sta ripartendo, per riequilibrare a suo vantaggio l'opinione pubblica.
L'effetto traino della vittoria sulla sanità sarà importante, ma non sufficiente. La seconda fase di Obama costruirà sul cambiamento. Il cambiamento era diventato lo slogan ossessivo dei primi tempi della campagna elettorale. E fece impazzire Bill Clinton: «Queste elezioni si giocano sul cambiamento!» urlava agli strateghi di sua moglie Hillary. Obama era cambiamento. Oggi i tea party, inafferrabili, movimento di base, senza un leader definito, imprendibili come nella guerra asimmetrica contro i terroristi, diventano loro il cambiamento. Alla loro sfida per novembre Obama ribatterà con altre proposte di legge, con altri cambiamenti legislativi che si dovranno tradurre in nuovi effetti-traino. Si sposterà a destra per riconquistare il centro del paese. E conterà di più sui suoi compagni di partito ricordando loro quanto sia dolce il gusto della vittoria.
Per la sanità era partito male. Quando un paio di giorni fa abbiamo incontrato Rahm Emanuel, il capo gabinetto della Casa Bianca, abbiamo visto un uomo disilluso soprattutto con i democratici. Gli strateghi di Obama avevano un piano preciso: chiudere con la riforma sanitaria a dicembre per poi dedicarsi ad altro. Non gli è riuscito. Ci si è resi conto che la leadership di Obama era ancora immatura: non esercitava quell'influenza su Camera e Senato dei suoi predecessori. Ognuno andava per conto suo.
Se oggi Obama è cresciuto in credibilità nei confronti dei suoi compagni di partito, non ha ancora conquistato il ruolo di leader indiscusso che potrebbe aumentare la sua popolarità. Le elezioni di metà mandato di novembre restano un problema. Ce la farà a difendere i seggi dei compagni di partito che rischiano il sacrificio per aver votato la riforma? Ce la metterà tutta. Ma per lui è ancora più importante quel che succederà alle elezioni del 2012 per il rinnovo del secondo mandato. È per allora che le sue doti di Man in Full, capace di tenere insieme le tre variabili nuove (cambiamento, riforme storiche, leadership sul partito), dovranno affermarsi in pieno. Il resto nell'era del "personale", non conta.

23 Marzo 2010
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