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I tassi tornano a dettare la linea allo stato-debitore

di Alessandro Merli

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23 settembre 2009

Nella fase più acuta della crisi globale, all'inizio di quest'anno, i mercati finanziari sono stati percorsi da forti dubbi sulla tenuta dell'euro. I due paesi considerati più a rischio di default sul debito pubblico che potesse portare all'uscita dalla moneta unica erano Irlanda e Grecia. La prima per l'impatto dello scoppio della bolla immobiliare sul sistema bancario e dei costi astronomici del salvataggio delle banche, la seconda in quanto economia più vulnerabile del sistema e per le condizioni della sua finanza pubblica. L'enorme debito pubblico di una e la violenta frenata dell'economia dell'altra, anche in questo caso aggravata dal collasso del settore immobiliare, mettevano in seconda fila Italia e Spagna.

L'altro indiziato era il Portogallo, paese dall'economia stagnante e dai conti pubblici in rapido peggioramento.
Dopo anni di compressione, quando semmai ci si chiedeva se i mercati avessero cessato di esercitare la propria disciplina sui paesi dell'eurozona, gli spread rispetto ai Bund tedeschi, misura del rischio-paese, si erano dilatati fino al punto di far pensare che l'aspettativa di una rottura dell'area dell'euro potesse autoalimentarsi.

Otto-nove mesi dopo, la situazione non è tornata ai livelli precrisi, ma alla quasi normalità. Il generale rientro dell'avversione totale al rischio, ma soprattutto l'intervento molto deciso della Banca centrale europea, con la sua offerta di liquidità pressoché illimitata, hanno nettamente ridimensionato il problema del finanziamento dei paesi considerati più a rischio. L'abbattimento quasi a zero dei tassi ha tra l'altro abbassato drasticamente il costo del debito pubblico. La Bce insiste nei suoi documenti ufficiali di aver fornito la risposta corretta perché i veri timori dei mercati si riferivano all'assenza di liquidità, non a un default in Eurolandia.

L'illusione che per i grandi debitori possa essere tornato tutto come prima, tuttavia, può essere pericolosa. La prossima fase di mercato vedrà infatti massicce emissioni di debito pubblico da parte di tutti i governi, visto che per tutti il debito si è gonfiato con la crisi. La concorrenza fra gli emittenti quindi sarà assai più accentuata che nel passato. Un segnale significativo della caccia all'investitore che si è aperta viene dall'emissione in dollari realizzata dalla Germania la settimana scorsa, solo la seconda dal dopoguerra (la prima fu nel 2005). Il che dimostra come i paesi che fino a ieri contavano su qualche punto base di rendimento in più e magari, come l'Italia, sulla liquidità delle proprie operazioni, dovranno misurarsi con volumi enormi e soluzioni diverse anche da parte di nomi di primo livello.
La disciplina dei mercati è tornata e, nonostante il ridimensionamento degli spread dai momenti peggiori della crisi, è un fattore con il quale confrontarsi già nei prossimi mesi. Prima ancora che il ritorno a una politica monetaria "normale" riporti i problemi di sempre.

23 settembre 2009
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