L'elezione di una personalità araba alla testa dell'Unesco - un inedito - sarebbe stata probabilmente di aiuto a un processo di pace in Medio Oriente che stenta a prendere forma e nel quale l'Egitto ha sempre avuto, e continua ad avere, un ruolo chiave. Sarebbe stato anche coerente con il progetto francese di Unione per il Mediterraneo, un tassello di stabilità in più che si aggiunge al mosaico complesso dei rapporti tra Nord e Sud e di un vero dialogo tra culture e civiltà. L'appoggio a Farouk Hosni della Francia, dell'Italia, degli Stati Uniti, cui si aggiungeva, non meno importante, il silenzio-assenso di Israele, aveva buone fondamenta teoriche che però hanno cominciato a cedere sotto i colpi di rivelazioni imbarazzanti e soprattutto mai smentite dal diretto interessato.
Era chiaro da giorni che il partito anti-Hosni, personaggio quantomeno controverso, stava montando rapidamente in seno al consiglio esecutivo dell'Unesco. Una buona idea spesa per un nome che si è rivelato sbagliato, e per il quale - forse - bastava controllare più a fondo il curriculum.