«...
PAGINA PRECEDENTE
Che cos'è peraltro la fede, se non il lasciarsi far prigionieri dell'invisibile? Nella recente Lettera ai cercatori di Dio, i vescovi italiani ce l'hanno ricordato: chi crede non è mai arrivato, vive da pellegrino in una sorta di conoscenza notturna, carica d'attesa, confortata dalla luce venuta nelle tenebre e tuttavia in una continua ricerca, assetata d'aurora. Anche così la fede è resa e abbandono, approdo di bellezza e di pace: la bellezza dell'Uomo dei dolori, dell'amore crocifisso, della vita donata.
L'adorazione dei Magi non è, allora, assenza di scandalo, ma presenza di un più forte amore: la fede non è risposta tranquilla alle nostre domande, ma sovversione, ricerca del Volto amato, consegna al Dio rivelato e nascosto. Perciò, il credente non è che un povero ateo, che ogni giorno si sforza di cominciare a credere, e la luce nel Natale è aurora solo per chi sa aprirsi all'oltre divino nello stupore e nell'adorazione.
Cercare, lasciarsi guidare dalla stella, adorare il Bambino: dai Magi viene il no a una fede indolente, statica e abitudinaria, come il no a una non credenza tranquilla, incapace di aprirsi alla sfida del Mistero, attestata nella presunzione del "come se Dio non ci fosse", e non disposta a rischiare come se invece ci fosse. Il sì del Natale dei Magi lo ha espresso Kierkegaard con queste parole: «Nessuno può scegliere per te oppure in senso ultimo e decisivo può consigliarti riguardo all'unica cosa importante, l'affare della tua salvezza... Soli! Poiché quando hai scelto, troverai certamente dei compagni di viaggio, ma nel momento decisivo e ogni volta che c'è pericolo di vita, sarai solo» (Vangelo delle sofferenze). Quella scelta, quell'ora, è Natale per te.
Bruno Forte è arcivescovo di Chieti-Vasto