Vi fidate della vostra banca? Se sì, siete parte di una ristretta minoranza. O almeno lo sareste negli Stati Uniti, dove esistono ricerche precise sull'argomento, ma il sospetto fondato è che in Italia e negli altri paesi avanzati la percezione dell'opinione pubblica non sia poi così diversa. Il sondaggio Us General Social Survey rivela che la fiducia nelle banche e nelle altre istituzioni finanziarie, che negli anni 70 superava il 40% e prima della crisi era ancora attorno al 30, ha subito un duro colpo in questi tre anni, scendendo addirittura al 5 per cento. Un indice di "financial trust" elaborato da tre economisti italiani (Luigi Guiso, Paola Sapienza, Luigi Zingales), sempre per gli Usa, mostra una modesta risalita della fiducia nelle banche nell'ultimo anno, ma senza aver recuperato i livelli pre-crisi.
Questa perdita di fiducia è un danno per le banche stesse, ma finora gli unici rimedi sembrano essere quelli imposti dall'alto, con i tentativi di riforma del settore finanziario e di rafforzamento dei controlli, affidati a livello internazionale al Financial Stability Board e a diverse iniziative a livello nazionale. A questi le banche hanno risposto finora con un'accettazione recalcitrante o con un'opposizione aperta. In Italia, è stata avviata per esempio la moratoria sui mutui, cui le banche hanno aderito dietro forte pressione governativa, mentre la Banca d'Italia ha acceso un riflettore sui costi dei conti.
Se le banche sanno che la perdita della fiducia dei clienti e degli investitori, in ultima analisi della loro reputazione, rappresenta per loro un costo molto alto, forse è il momento che facciano partire anche iniziative "dal basso", che non appaiano imposte dalle autorità, per riguadagnare credibilità.
Lo European Economic Advisory Group, di cui fa parte lo stesso Guiso, avanza tre suggerimenti. Il primo è un sistema di rating, semplice da capire, con voti dallo 0 al 10, che valuti il rapporto di fiducia con la clientela, la trasparenza dei servizi, l'eliminazione dei conflitti d'interesse (niente più casi Cirio e Parmalat). Il secondo tocca un argomento molto dibattuto in questi mesi, le paghe dei banchieri: anch'esse in qualche misura dovrebbero dipendere dal livello di fiducia della clientela, dando così ai dirigenti del settore finanziario un forte incentivo a comportarsi in modo da far aumentare questa fiducia. Il terzo è la promozione dell'educazione finanziaria della clientela (qualcosa si sta muovendo, come indica l'iniziativa appena annunciata da Intesa e Osservatorio giovani editori): con un'opera di lobby (e magari risorse concrete) perché venga insegnata nella scuole pubbliche e con la fornitura di materiale didattico (possibilmente intellegibile).
Se "così fan tutte" era divenuto l'alibi delle banche per giustificare comportamenti reprensibili prima della crisi, ora deve diventare la buona scusa per adottare iniziative virtuose.