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La chiave? Disciplinare i derivati

di Donato Masciandaro

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24 novembre 2009

Creare mercati per gli strumenti derivati può avere due effetti positivi: aumentare il credito alle imprese e ridurre i rischi di future crisi finanziarie. Ma allora, perché nessuno fa nulla?
La stagione delle trimestrali bancarie sta facendo emergere due fatti. Da un lato, i bilanci bancari appaiono ancora appesantiti da un fardello non indifferente di titoli illiquidi.

L'analisi del Sole 24 Ore pubblicata domenica è indicativa: i bilanci di oltre 800 banche di tutto il mondo registrano un totale di 1.500 miliardi di titoli illiquidi. Per le singole banche, il rapporto tra titoli illiquidi e totale delle attività finanziarie è di tutto rispetto: per Goldman Sachs, Morgan Stanley e Citigroup i valori sono rispettivamente dell'8, 14 e 15%; Freddie Mac arriva al 24 per cento. In Europa, i dati Mediobanca sulle principali banche europee ci dicono che il totale delle attività illiquide riferito a nove istituti rappresentava a fine giugno 2009 oltre il 40% dei mezzi propri. Dall'altro lato, le banche, soprattutto se grandi, appaiono rallentare l'erogazione del credito, con riflessi negativi sulla capacità delle imprese di sostenere lo sviluppo dell'attività economica.

I due fenomeni possono innescare una crescita dell'avversione al rischio. I titoli illiquidi sono attività delle banche che, dopo la bufera avviata dalla crisi finanziaria, non hanno – o hanno con difficoltà – un prezzo di mercato. Questi titoli rappresentano così una fetta dell'attivo bancario che – per il solo fatto di non avere un prezzo credibile – ha un potenziale di rischiosità molto alto. L'incertezza sulla rischiosità effettiva del bilancio sia dei singoli intermediari che del sistema nel suo complesso può avere più di un effetto, tra cui appunto una riduzione della propensione al rischio.

La riduzione della propensione al rischio, a sua volta, si può riflettere sul complesso delle attività bancarie. Ne può essere colpita anche l'erogazione del credito. In generale, le banche stanno cercando di seguire le direttive indicate da un po' tutte le autorità di controllo: commisurare l'assunzione del rischio alla capacità patrimoniale. Il credito alle imprese finisce per dover essere esercitato con particolare prudenza; a maggior ragione, se occorre tener conto del rischio potenziale presente nella quota di bilancio rappresentato dai titoli illiquidi.
A livello di singola banca, i possibili effetti negativi della relazione tra titoli illiquidi e razionamento del credito varierà a seconda delle caratteristiche del bilancio. Sul piano aggregato, il rischio di un simile corto circuito non può essere sottovalutato.

Come ridurre tale rischio? La strada maestra è creare mercati per i titoli illiquidi. Una delle lezioni che avremmo dovuto imparare dalla crisi è che l'assenza di mercati è una tossina micidiale per un regolare sviluppo degli scambi bancari e finanziari. Tutti hanno additato la nascita e lo sviluppo del cosiddetto sistema bancario "ombra" come causa importante e catalizzatore della crisi stessa. Tutti si sono detti d'accordo sulla necessità di trasformare insiemi diversi di transazioni bilaterali e opache in sistemi di scambi multilaterali e trasparenti. Banche e sistemi finanziari più trasparenti ridurrebbero, a parità di altre condizioni, crisi aziendali o sistemiche. Ma finora non è accaduto nulla.

Due sono le ragioni, che non si escludono a vicenda. In alcuni casi la trasparenza può essere un buon affare: creare e gestire ad esempio un mercato regolato di strumenti derivati può rappresentare una opportunità per piazze finanziarie e società-mercato, operanti o da costituire. La concorrenza, soprattutto se si fronteggiano più sistemi paese, può creare una situazione di veti incrociati, che produce il mantenimento dello status quo. In altri casi la trasparenza può essere un rischio: dare un prezzo da un giorno all'altro a una fetta di bilancio opaca potrebbe in casi specifici rilevare una perdurante situazione di tensione aziendale. Eventualità che alcune banche e relativi sistemi finanziari potrebbero non essere ancora in grado di reggere. Entrambe le ragioni possono spiegare lo stallo nella creazione di nuovi mercati. Come negli scacchi, nessuno vince; qui, anzi, ci perdiamo tutti.

24 novembre 2009
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