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Il bimbo costa, pagano le donne

di Alessandra Casarico e Paola Profeta

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24 ottobre 2009

I paesi industrializzati sono caratterizzati da grandi differenze in termini di partecipazione alla forza lavoro e disoccupazione della popolazione femminile. Lo stesso dato emerge se ci si concentra sull'istruzione e sulla percentuale di donne con un livello d'istruzione secondaria. Mentre, ad esempio, in Italia nel 2004 solo il 48% delle donne appartenenti alla fascia d'età tra i 25 e i 64 anni aveva almeno un livello d'istruzione secondario, in Svezia la stessa percentuale arrivava all'85 per cento.

I paesi dove sono più alti il numero di donne istruite e le percentuali di donne istruite che lavorano sono quelli dove i sussidi pubblici ai beni prodotti a livello domestico (ad esempio la cura dell'infanzia) sono maggiori, o dove la spesa per politiche familiari in rapporto al Pil è più alta, o dove sono più usati gli strumenti di flessibilità del mercato del lavoro (ad esempio il part-time). I paesi scandinavi sono un esempio in tal senso. Il rapporto fra le istituzioni e le scelte in materia d'istruzione non è stato abbastanza studiato. Tuttavia, includere le scelte di scolarizzazione nelle analisi sull'occupazione femminile è essenziale per capire meglio che cosa si può fare per sviluppare ancora di più il capitale umano e ridurre il capitale umano inutilizzato delle donne istruite che non lavorano.

Perché ci sono donne che investono nell'istruzione ma non prendono parte al mercato del lavoro? Esistono misure capaci di sostenere le decisioni in materia d'istruzione e partecipazione al mercato del lavoro? Elaboriamo un modello a due periodi per analizzare congiuntamente le decisioni in materia d'istruzione e di partecipazione al mercato del lavoro da parte delle donne.

Per semplicità, consideriamo che entrambe queste decisioni siano binarie (ad esempio, una donna deve decidere se acquisire o non acquisire qualifiche professionali, e se lavorare o non lavorare). Nel primo periodo di tempo le donne, di diversi livelli di capacità, decidono se investire o meno nell'istruzione.

Se decidono di farlo, dedicano tutto il primo periodo all'istruzione. Se decidono di non investire in istruzione, rimangono non qualificate e cominciano a lavorare. All'inizio del secondo periodo, tutte le donne hanno un figlio. I bambini sono costosi in termini di tempo. Il costo del bambino viene diviso fra i genitori. Se tutt'e due lavorano, ognuno di loro deve comprare sul mercato la propria quota di assistenza al bambino. Ma la madre, a differenza del padre, può vivere anche di produzione domestica, e dunque può decidere se rimanere a casa e fornire personalmente il tempo necessario al bambino, oppure lavorare e comprare questo tempo sul mercato.

Partiamo dal presupposto che il costo di un bambino può essere di due tipi, alto o basso, e che solo dopo la nascita del bambino si può capire in quale dei due tipi rientra. Questa eterogeneità è dovuta al fatto che alcuni bambini richiedono più impegno di altri, ad esempio in base alla loro situazione di salute o al loro carattere, o a seconda della presenza di nonni o di una rete informale che aiuta i genitori a prendersi cura del bambino. Le decisioni in materia d'istruzione da parte delle donne vengono prese sulla base di informazioni imperfette sul costo del bambino: le donne conoscono solo le probabilità che il bambino sia del tipo ad alto costo o del tipo a basso costo.

Alla nascita del bambino, le donne prendono la loro decisione riguardo alla partecipazione al mercato del lavoro: quelle qualificate decidono se entrare o non entrare nel mercato del lavoro; quelle non qualificate decidono se continuare o abbandonare. La loro decisione sarà basata sulla comparazione fra le loro possibilità di consumo nell'uno e nell'altro caso, dando per scontato che nel caso decidano di rimanere a casa i consumi dipenderanno da un determinato livello di produzione domestica.

Risolviamo il modello partendo dalla decisione sulla partecipazione al mercato del lavoro: individuiamo il livello di competenza limite, al di sopra del quale le donne qualificate trovano conveniente partecipare al mercato del lavoro, e il livello minimo di salario al di sopra del quale le donne non qualificate trovano conveniente continuare a lavorare dopo la nascita del bambino. Come prevedibile, scopriamo che, per un dato livello di costo del bambino, se una donna non qualificata lavora, lavora anche una donna qualificata. Scopriamo anche che, per un dato livello di capacità, se una donna con un bambino ad alto costo lavora, lavora anche una donna con un bambino a basso costo.

Conoscendo le probabilità di partecipare al mercato del lavoro in base alla competenza e al tipo di costo, esaminiamo le decisioni in materia d'istruzione e calcoliamo i livelli limite di capacità oltre i quali le donne trovano redditizio investire nell'istruzione. Scopriamo che, a causa delle informazioni imperfette, ci sono effettivamente casi in cui le donne che hanno investito nell'istruzione trovano redditizio non lavorare.

  CONTINUA ...»

24 ottobre 2009
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