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Vi sono infine due motivi per paventare che esista un rischio crescente di recessione a forma di «W», ovvero con un'ulteriore ricaduta. Tanto per cominciare, ci sono rischi connessi alle exit strategy dai massicci interventi di stimoli monetari e fiscali: i governi sono nei guai sia che agiscano sia che non agiscano. Se cercheranno di contrastare lo smisurato allargarsi dei deficit di bilancio alzando le tasse, tagliando le spese e facendo fuori subito la liquidità in eccesso, mineranno qualsiasi segnale di ripresa, e riporteranno nuovamente l'economia nella fase di stagflazione (recessione e inflazione a uno stesso tempo). Se però conserveranno a lungo i megadeficit di bilancio, chi è incaricato di vigilare sul mercato dei bond penalizzerà gli autori delle scelte politiche: a quel punto cresceranno i timori di un ritorno dell'inflazione, si alzeranno i tassi dei bond governativi a lungo termine e i tassi di prestito si impenneranno, portando alla stagflazione.
Un'ultima ragione per la quale temere una ricaduta nella recessione – e quindi una recessione a «W» – è che oggi i prezzi del petrolio, dell'energia e dei generi alimentari stanno aumentando più velocemente di quanto giustifichino i fondamentali, e potrebbero essere portati alle stelle dalla speculazione e qualora l'eccessiva liquidità desse adito in modo artificiale a una domanda troppo alta. L'anno scorso il petrolio a 145 dollari al barile ha rappresentato il punto critico di non ritorno per l'economia globale, creando condizioni commerciali negative e un vero e proprio shock per le economie costrette a importare petrolio. L'economia globale ora come ora non è in condizioni tali da sopportare un ulteriore shock da contrazione, se un'analoga speculazione dovesse mai portare in tempi brevi il prezzo del petrolio sopra i 100 dollari al barile.
In conclusione, quindi, la ripresa verosimilmente sarà anemica, inferiore alla media nelle economie avanzate ed esiste un grosso rischio di una ricaduta nella recessione.
Traduzione di Anna Bissanti