Questione fiscale, ecco il grande tema d'autunno. È qui che si giocherà la partita decisiva, è su questo terreno che si misureranno rapporti di forza, dentro e fuori la maggioranza che sostiene il governo. Governo che sul Fisco ha puntato le sue carte, a partire da quel federalismo fiscale che dovrebbe darci meno tasse e servizi migliori.
C'è un problema, però. Il federalismo ha tempi lunghi, e i decreti di attuazione della storica riforma non sono stati ancora scritti. Ma non si può stare fermi, la pressione fiscale è già alle stelle e gli stessi dati dell'amministrazione finanziaria continuano a confermare che i conti sociali non tornano. Com'è possibile che molti commercianti guadagnino come i loro dipendenti, che il titolare di un buon ristorante denunci un reddito da pensionato (non di lusso), che il celebre dentista porti a casa 2.500 euro al mese?
E non è finita, ovviamente. Le tasse italiane sul lavoro sono tra le più alte in Europa, le famiglie più numerose (ne abbiamo parlato la settimana scorsa) sono quelle più bersagliate dal Fisco, le imprese medio-piccole più svantaggiate delle grandi. L'ultimo rapporto curato da Pricewaterhouse per la Banca mondiale (pur tenuto conto della volatilità di queste indagini) segnala che l'Italia figura alla 128ª posizione (su 181 totali) nella classifica degli stati dove risulta più agevole adempiere agli obblighi fiscali e al 166° gradino per peso del Fisco sui profitti commerciali: 73,3 per cento.
Il centro-destra ha fatto della "questione fiscale" uno dei suoi punti di forza. Non da oggi. Nel 2001, nel famoso Contratto con gli italiani sottoscritto da Berlusconi, l'allora capo del governo fece balenare l'impegno a ridurre le imposte personali sul reddito a due sole aliquote, 23 e 33 per cento. Non se ne fece niente per lo scoppio della crisi, e la campagna elettorale di Berlusconi nel 2006 sfiorò di nuovo il successo in extremis contro Prodi proprio a motivo della riproposizione della questione fiscale sulla quale franò poi il governo di centro-sinistra.
Non è un caso che nel 2008, dopo aver vinto le elezioni, il primo provvedimento del terzo governo Berlusconi sia stato l'abolizione dell'Ici sulla prima casa. Anche se la deflagrazione della crisi partita dagli Usa (prevista in campagna elettorale) ha poi spinto il ministro Tremonti a non far aleggiare promesse che non si sarebbero potute mantenere. Da qui una politica prudente con misure mirate (tipo la detassazione degli utili reinvestiti) sapendo di avere sulle spalle un debito pubblico enorme e la necessità di confermare gli impegni assunti in Europa. Una via nel complesso diversa da quella suggerita ad esempio dall'ex ministro Martino, che propone politiche fiscali più aggressive per agganciare la ripresa e liberare risorse per lo sviluppo.
Tremonti ha messo a sua volta in cantiere lo "scudo" per far rientrare i capitali illegamente detenuti all'estero e avviato una campagna anti-evasione, mentre l'agenzia delle Entrate spulcia i conti della controversa eredità di Gianni Agnelli. Allo stesso tempo, l'Udc di Casini raccoglie firme a sostegno del "quoziente familiare", tema sul quale la Chiesa è molto sensibile e che figura tra gli impegni dello stesso governo Berlusconi.
La questione fiscale è in campo. È inevitabile, e ne vedremo delle belle.
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