Il jackpot "stellare" appena centrato a Bagnone, in quella striscia di terra toscana infilzata tra Liguria ed Emilia, sta riportando in auge la proposta di mettere un "tetto" al montepremi del Superenalotto. I motivi sono di ordine eminentemente etico: troppo denaro vinto da un singolo, senza fatica, magari con una schedina da 2 euro, appare un calcio alla cultura del lavoro, un affronto all'ethos del merito, uno schiaffo alla sapienza del risparmio. Rilievi per certi versi innegabili, anche se un grande patrimonio, pur ereditato per accidens (dalla dea bendata), non necessariamente si configura come un male. L'ultimo a proporre questo limes è il Codacons con un appello, dopo due pareri negativi, al Consiglio di Stato, che sul "tetto" si esprimerà oggi. Solo un rilevo: la schedina del Superenalotto, se di gioco casto e moderato stiamo parlando (è anche l'unica tassa che si paga sorridendo), ha a che fare con la fantasia e il sogno, oltre che con il denaro. Perché dunque mettere un tetto ai sogni?