Lista bianca o lista grigia? In realtà le liste dell'Ocse sui paradisi fiscali sono tre perché c'è anche quella nera, quella degli irriducibili, oggi vuota. Ma ora – dopo appena cinque mesi dal via alla caccia ai santuari tributari oltre confine, varata in tutta fretta sull'onda della crisi economica al vertice del G-20 di Londra – gli ex cattivi, in via di pentimento, quelli grigi, che ancora non collaborano pienamente ma lo vorrebbero tanto fare, hanno trovato la via di passare da una lista all'altra senza colpo ferire. Il sistema è semplice e diabolico a un tempo: dodici accordi con dodici stati e il gioco è fatto. Una firma, una ratifica parlamentare e il paese passa in automatico dalla lista grigia (quella dei sospetti) a quella bianca dei paesi fiscalmente perbene. Così, dopo appena dieci giorni dall'ultimo passaggio ai buoni delle Cayman e British Virgin Islands, l'Ocse ha deciso di cambiare registro: d'ora in avanti anche i paesi della Lista bianca saranno sotto controllo speciale. E alla fine siamo tornati a controllare tutto e tutti indipendentemente dalla lista. Peccato. Era così rassicurante sapere dove stavano i buoni e dove i cattivi.