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Il federalismo fiscale può salvare il Sud

di Francesco Delzìo

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25 aprile 2010

Il federalismo fiscale porterà in Italia "l'inferno" delle irresponsabilità o il "paradiso" dello sviluppo dal basso? La risposta nasconde un grande paradosso: il successo del federalismo fiscale sarà decretato non dai territori che l'hanno fortemente voluto, ma da quelli che l'hanno osteggiato finora come una "condanna a morte". Perché il federalismo produrrà i suoi effetti più profondi non nelle fertili e produttive terre padane - dove la "liberazione" dalla presunta schiavitù economica di Roma è un processo già molto avviato - ma nelle regioni del Sud che stanno per affrontare l'era del post-assistenzialismo.

Da meridionale ne sono profondamente convinto (senza temere accuse di "tradimento etnico"): il Mezzogiorno oggi avrebbe tremendo bisogno di un federalismo fiscale competitivo e virtuoso, molto più del resto del paese. Al Sud devastato da decenni di spesa pubblica infruttuosa, che ha avuto come unico effetto quello di sopire gli spiriti imprenditoriali, serve disperatamente una "scossa". Potrebbe arrivare proprio dal federalismo fiscale, ma soltanto se sapremo trarre qualche lezione da ciò che è accaduto nell'ultimo decennio.

A partire dal 2001, il nuovo titolo V della Costituzione ha affidato alle regioni la mission dello sviluppo del Mezzogiorno. La scelta è stata un clamoroso fallimento: lo rivela l'analisi disarmante dei bilanci regionali. Prendiamo il turismo, grande speranza (delusa) del rilancio meridionale. Le regioni italiane spendono in media 19,3 euro per attrarre ogni turista che approda nel Belpaese. Ma nel Sud i turisti sono molto più "coccolati": secondo i bilanci 2006 (gli ultimi disponibili nel dettaglio) in Puglia si spendono 40,8 euro per turista, che diventano 61,2 in Calabria e 69,4 in Sicilia. Fino ad arrivare alla situazione surreale della Basilicata: qui la regione ha "investito" nel 2003 ben 193,5 euro per turista, più del doppio (il 250%) di quanto il suo territorio abbia incassato in media dallo stesso turista approdato nella regione!

Un altro caso clamoroso riguarda le infrastrutture e lo spreco dei fondi europei. È a disposizione del Mezzogiorno nel periodo 2007-2013 la bellezza di 34,7 miliardi di euro: di questi, 24,6 dovrebbero servire a finanziare programmi infrastrutturali delle regioni. Peccato che le regioni non riescano a definire i progetti da finanziare: quelli approvati finora vanno dallo 0,40% della Sicilia al 17,9 della Campania. Ciò significherà - in concreto - che il Mezzogiorno perderà la gran parte dei 14 miliardi di euro stanziati dalla commissione europea per colmare il suo deficit di infrastrutture.

Potrei continuare all'infinito: sono tutti episodi d'una amara commedia all'italiana, in cui élite politiche e burocrazie meridionali sono attori protagonisti di una trama incredibilmente fitta di incapacità, irresponsabilità, inconsapevolezza. Negli ultimi anni sono letteralmente esplosi nel Meridione i bilanci delle regioni e degli enti locali: ma le Finanziarie hanno cancellato sistematicamente le sanzioni che avrebbero dovuto colpire un gran numero di comuni e province meridionali per violazione del Patto di stabilità interno, mentre le regioni del Sud sono impegnate indefessamente a negoziare trasferimenti statali aggiuntivi per ripianare i debiti della sanità. Si è sviluppato così un sistema perverso, che rischia di premiare quegli amministratori locali che usano il deficit spending come leva per procacciarsi facile consenso.

Il federalismo fiscale è la grande occasione per voltare radicalmente pagina e i ministri Tremonti e Calderoli hanno mostrato di essere pienamente consapevoli della portata "eticamente" rivoluzionaria del nuovo assetto. Ma per passare dalle parole ai fatti è necessario scrivere nei decreti attuativi tre misure coraggiose (e drastiche) per sanzionare chi sperpera il denaro pubblico: il commissariamento automatico delle regioni, delle province e dei comuni per eccessivo deficit di bilancio; un'azione di responsabilità civile automatica contro amministratori politici, dirigenti e funzionari spendaccioni; l'ineleggibilità automatica degli amministratori locali responsabili di dissesto finanziario o incapaci di assicurare il rispetto dei costi standard. Non sono misure da "caccia alle streghe", come potrebbe obiettare qualche benpensante: agli amministratori "falliti" non può essere consentito di fare ulteriori danni, continuando la loro brillante carriera in contesti democratici opaci.

Queste tre misure non garantiranno che il federalismo fiscale diventi la chiave d'accesso al "paradiso" dello sviluppo dal basso: senza strategie shock (come la battaglia per una No tax area a Sud) capaci di neutralizzare i forti disincentivi di contesto, capitali e imprenditori privati rischiano di rimanere merce rara a sud di Roma. Ma sono decisive per evitare che il Mezzogiorno e i meridionali siano condannati a bruciare nell'inferno delle irresponsabilità.

25 aprile 2010
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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