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GUERRA AL TERRORISMO / A Kabul si vince dal cielo

di Edward Luttwak

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25 febbraio 2010

Da quando l'U.S. Strategic Bombing Survey ha avanzato dei dubbi sull'efficacia dei bombardamenti aerei durante la Seconda guerra mondiale, e in particolare dopo la mancata vittoria nella guerra del Vietnam, la potenza aerea ha acquisito una cattiva reputazione. Oggi si considera pressoché ovunque che è inutile uccidere i nemici dal cielo, mentre la politica ufficiale del governo degli Stati Uniti ha optato per ciò che si contrappone radicalmente ai bombardamenti dall'alto, ovvero l'anti-insurrezione dal basso, per motivi di nation-building. Non è ancora giunto il momento, però, di rinunciare ai nostri aerei: la potenza dei bombardieri ha ancora molto da offrire, anche in un mondo pieno di insurrezioni.

L'aviazione militare debuttò in modo magnifico nel 1911, quando in Libia gli italiani si fecero pionieri dei bombardamenti aerei. Da allora, però, si è spesso registrato un vivo disappunto perché si sono trascurate le due condizioni fondamentali alla base del successo ottenuto nel 1911: il deserto libico così spoglio che permise agli aviatori di avvistare con grande chiarezza i bersagli da colpire, e la mancanza totale di un'aviazione nemica o di una contraerea efficiente in grado d'interferire con i loro attacchi.

Da allora, in tutte le guerre, le regole del 1911 sono rimaste valide: i bombardamenti aerei sono efficaci, ma soltanto se il nemico si deve spostare su terreni aperti e spogli e se non ha a disposizione una propria aviazione o efficienti armi di contraerea. Queste condizioni chiaramente non valsero per la Seconda guerra mondiale, se non alla fine. Il Vietnam, invece, era ricoperto di vegetazione, e pieno altresì di uomini coraggiosi: da ciò il fallimento dei bombardamenti tattici nel Sud del paese, mentre i bombardamenti strategici al Nord incontrarono forti resistenze. In ogni caso, c'erano pochi validi bersagli da prendere di mira.
Le presunte lezioni del Vietnam sono naturalmente state apprese e sono trite e ritrite. Nel 2006, mentre l'aviazione israeliana stava bombardando i bersagli previsti in Libano, vari esperti quasi unanimemente asserirono che la campagna di bombardamenti sarebbe fallita. Ma le cose non sono andate affatto così. Il leader degli Hezbollah, Hassan Nasrallah, subito dopo la guerra ha ammesso che non avrebbe mai ordinato il primo attacco letale contro un gruppo di israeliani in pattugliamento lungo il confine se avesse immaginato che Israele avrebbe scatenato una rappresaglia con simili devastanti effetti. Evidentemente, il bombardamento da parte d'Israele, che si presumeva fosse inutile, ha effettivamente raggiunto il suo scopo.

Che dire dell'Afghanistan? Le regole del 1911 vi si applicano? Ancora una volta gli esperti sono quasi unanimemente del parere che così non possa essere. Eppure, a dispetto di tutte le loro virtù marziali, i talebani sono lontani ancora vari secoli dalla possibilità di dotarsi di un'aviazione in grado di sfidare i cacciabombardieri americani - che volano troppo in alto per poter essere presi di mira da armi di contraerea a spalla - e oltretutto in quello che è uno dei paesi più montagnosi che esistano, i combattenti talebani devono pur attraversare terreni spogli e aridi per spostarsi da una valle a un'altra.

Purtroppo, dopo aver così spesso in passato sopravvalutato enormemente la propria potenza aerea, adesso gli Stati Uniti non si curano del suo potenziale strategico, utilizzandolo soltanto a scopi tattici, per dare la caccia a determinati individui per mezzo di droni comandati a distanza e per dare un supporto alle operazioni sul terreno, quasi sempre tramite elicotteri, gli unici velivoli che i talebani sono in grado di abbattere.

Il comandante generale Stanley McChrystal, comprensibilmente preoccupato per il contraccolpo politico dovuto ai bombardamenti a casaccio, li ha condannati esplicitamente sia dentro sia fuori l'Afghanistan, e ha anche dichiarato che i bombardamenti aerei dovrebbero essere utilizzati soltanto come ultima risorsa. McChrystal intende sconfiggere i talebani proteggendo i civili afgani, fornendo i servizi essenziali, stimolando lo sviluppo economico, assicurando un buon governo, come l'ormai sacrosanto Field Manual 3-24 prescrive. Tenuto conto delle caratteristiche dell'Afghanistan e di chi lo governa, questo sforzo meritevole potrebbe richiedere un secolo o due. Nel frattempo, quanto prescrive il FM 3-24 è tutt'altro che a basso costo: il presidente Barack Obama è in procinto di raddoppiare il numero dei soldati americani, dispiegandone altri 30mila, con un costo annuo per soldato di un milione di dollari, per sconfiggere - a dir tanto - 25mila talebani a tempo pieno.

Alternativa migliore e di gran lunga più economica sarebbe quella di riesumare i bombardamenti strategici in un modo completamente diverso, armando fino ai denti i molti nemici dei talebani e soppiantando i soldati statunitensi in Afghanistan con sporadici bombardamenti aerei: ogniqualvolta i talebani si riuniscono in gran numero per attaccare dovrebbero essere presi di mira.

Certo, questa sarebbe una soluzione in ogni caso alquanto imperfetta, ma porrebbe fine alla costosa e futile operazione di nation-building in una terra remota e inospitale. Dopo aver provato di tutto, in definitiva, è probabile che Obama ci arriverà.
© 2010, Foreign Policy
(Traduzione di Anna Bissanti)

25 febbraio 2010
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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