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Ahimè, la credibilità non può essere data per scontata. Ciò è quanto dimostra il mercato dei credit default swaps: gli spread sui bond del governo britannico sono saliti ancora, fino a 70 punti base. Sospetto che il motivo per il quale le agenzie di rating non hanno declassato il Regno Unito è che se l'avessero fatto, avrebbero dovuto - per logica conseguenza - declassare anche gli Stati Uniti. Quale agenzia avrebbe quindi voluto apparire davanti al Congresso?
Nondimeno, anche se la corda fiscale non è lunga all'infinito, ridurre nettamente i deficit adesso sarebbe sbagliato. È estremamente probabile infatti che farlo possa voler dire respingere le economie nella recessione, come accadde in Giappone negli anni 90. Tuttavia, anche queste politiche rischiano di compromettere la credibilità, specialmente delle valute, in quanto molti investitori credono (sbagliando) di essere messaggeri di un rialzo inflazionistico.
Che cosa occorrerebbe fare, allora? Concordo in pieno con l'osservazione fatta da Dominique Strauss-Kahn, direttore dell'Fmi: «È decisamente troppo presto per uscire» da politiche concilianti. Ciò vale per il Regno Unito e per gli Stati Uniti. Necessarie, invece, sono istituzioni fiscali credibili, una road map per un inasprimento da realizzare automaticamente non appena e quando la spesa del settore privato si riprenderà. Tra le cose che sarebbe veramente necessario fare immediatamente rientra quella di collocare su una strada sostenibile le potenziali spese, per esempio quelle per le pensioni del settore pubblico. In sintesi, si tratterebbe di mettere in atto una stretta credibile sul lungo periodo in grado di rispondere automaticamente alla ripresa.
In nessun caso, però, possiamo sottrarci a una scomoda verità: né il Regno Unito né gli Stati Uniti sono ricchi quanto si credeva un tempo. Si dovranno condividere le perdite, buona parte delle quali ricadranno sulla spesa pubblica, sulle tasse o su entrambe. Una volta che sarà palese che nessuno di questi paesi potrà rivelarsi all'altezza della sfida, le crisi fiscali saranno inevitabili. Sarà soltanto questione di capire quando.
(Traduzione di Anna Bissanti)