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MERCATI E MERCANTI / Fuoco incrociato sulla Fed di Bernanke

di Alessandro Merli

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25 Novembre 2009

Quando si è insediato alla presidenza della Federal Reserve, il 1° febbraio 2006, sembrava che, per fare bene, Ben Bernanke non dovesse far altro che seguire la lezione del suo predecessore, il "maestro" Alan Greenspan. Anzi, qualcuno si preoccupava che non fosse in grado di farlo abbastanza fedelmente.
La crisi ha spazzato via queste convinzioni. Bernanke ha dovuto muoversi in territori mai esplorati prima dal central banking e adottare molte iniziative non convenzionali. Queste mosse non sono state però senza pesanti conseguenze. Una delle principali è la dilatazione del bilancio della Fed a causa dei salvataggi delle banche e degli acquisti di titoli, molti dei quali tossici. Questo porrà la Banca centrale americana, nei prossimi mesi, di fronte a un acuto dilemma. Oggi latente, emergerà il conflitto fra le ragioni delle politica monetaria, che a un certo punto del 2010, probabilmente nel terzo o nel quarto trimestre secondo i mercati finanziari, dovrà aumentare i tassi d'interesse, e le esigenze del bilancio della stessa Fed, gonfiato dagli interventi d'emergenza e che ora sopporta gran parte del rischio di mercato che normalmente dovrebbe essere in capo a banche e investitori.
La Fed ha nei giorni scorsi esposto le condizioni (bassa attività economica, inflazione sotto trend, aspettative inflazionistiche stabili) in base alle quali continuerà a mantenere la politica monetaria attuale. Ha descritto insomma il come, ma non il quando dell'uscita dalla strategia di tassi bassi e liquidità abbondante. Una «roadmap», come la definisce Tony Crescenzi, del colosso obbligazionario Pimco, che deve fare in modo di evitare sorprese e reazioni improvvise dei mercati: rendere la exit strategy un processo, non un evento.
Il percorso su cui si dovrà muovere Bernanke è molto stretto. C'è fra l'altro sullo sfondo un clima politico tutt'altro che favorevole alla Fed, sempre più identificata con la disoccupazione in aumento e soprattutto con gli impopolari salvataggi di Wall Street. E la settimana prossima il presidente della Banca centrale deve presentarsi in Senato per la conferma del secondo mandato, accordatogli dal presidente Barack Obama. Dell'ostilità della politica sono conferma i progetti dell'influente senatore democratico Chris Dodd per ridimensionare i poteri della Fed, nonostante il parere opposto dell'amministrazione, e l'attacco frontale del populista republicano Ron Paul in Congresso, che vorrebbe addirittura tenere sotto controllo le decisioni sui tassi.
Per la Fed, il rischio di perdita d'indipendenza è reale, anzi, secondo qualcuno è già nei fatti. Una ragione in più per Bernanke, quando si tratterà di mettere in atto la strategia d'uscita, per dimenticare un'altra lezione di Greenspan che, nel famigerato episodio del 1994, sorprese i mercati, creando una turbolenza di vasta portata. Nelle condizioni attuali, la Fed finirebbe per esserne la prima vittima.

25 Novembre 2009
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