Dopo che il presidente del consiglio ha annunciato l'intenzione di abbassare l'Irap, si è aperto un vivace di dibattito sui pro e contro dell'operazione.
Le obiezioni più ricorrenti sono tre.
La prima obiezione è che l'Irap, in fondo, è poco distorsiva perché è abbastanza neutrale rispetto ai diversi fattori di produzione e perché avendo un'ampia base imponibile può permettersi un'aliquota bassa. L'obiezione tuttavia non coglie il punto cruciale: proprio per la sua ampia base imponibile, l'Irap alza in modo rilevante il costo di produzione, e toglie competitività alle merci italiane. È questo il problema urgente da affrontare, per aiutare le imprese strozzate tra il crollo della domanda internazionale, l'apprezzamento dell'euro e la stretta creditizia. Se potessimo farlo e se non ci fossero ripercussioni internazionali, sarebbe il momento di sussidiare la produzione nazionale e tassare le importazioni. Abbattere l'Irap è un modo per avvicinarci all'obiettivo. Se poi, per contribuire a finanziare la perdita di gettito, fossimo costretti ad alzare alcune aliquote Iva (un'imposta sui consumi e quindi anche sulle importazioni) non sarebbe così grave.
La seconda obiezione è che l'Irap è un'imposta regionale che serve a finanziare la spesa sanitaria. Sarebbe paradossale abbassare o eliminare l'unica grande imposta regionale proprio quando si vuole realizzare il federalismo fiscale. Questa obiezione è ancora meno convincente della prima. Sia perché le regioni possono essere finanziate con compartecipazioni al gettito di altre imposte. Ma soprattutto perché l'Irap è un'imposta sbagliata per servire da pilastro al federalismo fiscale. Proprio perché alza i costi delle imprese, non è pensabile che vi sia forte differenzazione delle aliquote sul territorio, quindi l'Irap regionale è difficilmente compatibile con una forte autonomia nella fissazione delle aliquote. Inoltre l'Irap, pagata dalle imprese, è troppo lontana dai beneficiari del servizio sanitario nazionale. Da questo punto di vista, sarebbe molto meglio dare alle regioni una parte ben più rilevante della base imponibile Irpef, con ampia autonomia nella fissazione delle aliquote.
Vi è infine l'obiezione che, con il nostro debito pubblico, non possiamo correre il rischio di perdere la fiducia dei mercati finanziari e delle agenzie di rating. Questa è l'unica vera obiezione, ed è la ragione per cui finora non si è fatto nulla. Ma fare nulla in queste circostanze è controproducente: lo shock internazionale è troppo grande e la ripresa sarà troppo lenta per poter aspettare che tutto torni come prima. Non possiamo pensare di essere credibili nel rientro dal debito se proseguiamo nella stagnazione economica. Per non correre rischi sul fronte del debito pubblico, i provvedimenti sull'Irap vanno accompagnati da interventi credibili e ben identificati sul fronte della spesa pubblica, anche con effetti differiti nel tempo. Il primo fra tutti è un più rapido innalzamento dell'età pensionabile. Non è facile, lo sappiamo, il controllo della spesa richiede tempo e riforme. Proprio per questo, prima si comincia meglio è.