Esiste una speculazione buona e una cattiva? Ogni volta che un mercato - da quello petrolifero a quello valutario fino a quello del debito sovrano - prende una piega che non piace ai governi, la prima accusa rivolta agli investitori è quella di essere un manipolo di profittatori che pongono il proprio interesse davanti a quello della collettività. La speculazione, in questo senso, è dunque cattiva. Peccato che la stessa speculazione diventi "buona" quando il prezzo dei futures del petrolio crolla, una valuta o il prezzo di un titolo di stato prende quota. Il problema delle due anime della speculazione è di attualità: con la crisi del debito greco e la paura del contagio, i governi europei hanno subito puntato l'indice contro gli investitori, accusandoli di essere speculatori perché pretendono rendimenti più elevati o perché vendono BoT invece di comprarne. Ma la realtà è differente. Quando s'inonda il mercato di titoli di stato per finanziare le banche e fermare la crisi, bisogna essere pronti a pagare il conto con il rispetto degli impegni. Un titolo di stato, soprattutto in tempi di crisi, viene acquistato sulla base di una promessa: il rispetto degli impegni di risanamento dei conti pubblici. Più debito uno stato emette, più è obbligato a rispettare il contratto preso col mercato. Altrimenti la speculazione diventa davvero cattiva.