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Rassegnatevi l'euro è debole ma destinato a tornare forte

di Martin Feldstein

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26 marzo 2010
Rassegnatevi l'euro è debole ma destinato a tornare forte

Un turista americano in vacanza a Parigi, Berlino o Roma resta ogni volta sorpreso dal livello dei prezzi, rispetto a quelli americani. Una stanza d'albergo, un pranzo o una camicia da uomo, al tasso di cambio odierno, costano regolarmente di più di quanto si pagano a New York o a Chicago. Per riportare il costo di questi beni e servizi ai livelli americani, l'euro dovrebbe calare, rispetto al dollaro, di un altro 15%, scendendo intorno a 1,10 dollari.
È facile, da questi calcoli, saltare alla conclusione che l'euro è sopravvalutato, e che proseguirà sulla strada del declino che ha imboccato nel dicembre scorso. Ma sarebbe una conclusione errata. In prospettiva futura, è più probabile invece che l'euro risalga ai livelli toccati nel 2008, di 1,60 sul dollaro.

L'impressione del turista americano sulla sopravvalutazione dell'euro è sbagliata per tre ragioni. La prima è che i prezzi che vede sono in genere gonfiati dall'Iva, onnipresente in Europa ma sconosciuta negli Stati Uniti. Se si toglie questa imposta, che si aggira intorno al 15%, i prezzi europei sono simili a quelli americani.
La seconda è che i beni e i servizi che compra il turista sono solo una piccola parte della gamma di beni e servizi che vengono scambiati a livello internazionale. Tra i beni che esporta l'Europa ci sono macchinari, prodotti chimici e una serie di altri prodotti che il consumatore non acquista direttamente. Per stabilire se i loro prezzi sono "troppo alti" rispetto al tasso di cambio corrente dovremmo andare a guardare la bilancia commerciale. La Germania, primo esportatore d'Europa, ha un'eccedenza commerciale molto accentuata con il resto del mondo. È grazie al fatto che le esportazioni tedesche sono attraenti per i compratori esteri al tasso di cambio corrente se la Germania nel 2009 è stato il secondo esportatore mondiale (dopo la Cina). Negli ultimi dodici mesi, il surplus commerciale tedesco è stato di quasi 200 miliardi di dollari, poco meno del 6% del Pil. È evidente che il saldo positivo della Germania resterebbe elevato anche se l'euro dovesse rivalutarsi parecchio rispetto ai livelli attuali.

Gli altri paesi dell'Eurozona non sono competitivi quanto la Germania al tasso di cambio corrente. Ma l'area euro nel suo complesso ha comunque registrato un surplus commerciale di oltre 30 miliardi di dollari negli ultimi dodici mesi. E con l'euro che è sceso in modo significativo rispetto a molte altre valute nel corso dell'anno passato, il saldo commerciale dell'Europa rischia di migliorare ulteriormente nei mesi a venire. Per limitare questo miglioramento, l'euro deve salire.

Il che mi porta al terzo e più importante tra i fattori che probabilmente determineranno un rafforzamento dell'euro rispetto ai suoi livelli attuali: le condizioni economiche globali comporteranno per l'Eurozona disavanzi consistenti negli scambi con l'estero e nella bilancia delle partite correnti, che ne faranno un forte importatore di fondi dal resto del mondo.
Ci sono due ragioni per questo. La prima è che i paesi produttori di petrolio e la Cina continueranno a esportare molto più di quanto importano. Il loro saldo positivo negli scambi con l'estero viene investito in azioni e obbligazioni di altri paesi. Gran parte di questi investimenti sono diretti verso gli Stati Uniti, ma i paesi in surplus vogliono diversificare, ed Eurolandia offre l'unico grande mercato di capitali per questo tipo di investimenti al di fuori degli Stati Uniti.

Ma Eurolandia può incrementare il suo afflusso di capitali esteri solo mediante un disavanzo delle partite correnti, cioè incrementando le importazioni rispetto alle esportazioni. E per fare questo servirà un euro meno competitivo, più forte rispetto al dollaro e alle altre valute. Il flusso dei proventi delle esportazioni dei paesi produttori di petrolio e di altri paesi verso l'euro spingerà in alto il valore della moneta unica e consentirà il trasferimento di fondi.
La seconda è che i paesi con forti riserve in dollari diversificheranno una parte di queste riserve in euro. Le Banche centrali in Asia e in Medio Oriente tradizionalmente privilegiano il dollaro per le loro riserve di valuta estera. È una politica che aveva senso quando c'era la necessità che tali riserve avessero una forte liquidità, per poter superare deficit commerciali temporanei. Ma queste riserve sono cresciute molto al di là del livello necessario per le emergenze.

La Corea del Sud e Taiwan, ad esempio, hanno riserve in valuta estera per più di 250 miliardi di dollari ognuno, e le riserve cinesi ammontano complessivamente a 2.000 miliardi di dollari. Questi e altri paesi con grandi riserve valutarie stanno cominciando a diversificare accumulando anche euro oltre ai dollari, un processo che proseguirà e che inevitabilmente farà crescere la moneta unica europea rispetto al biglietto verde.
Perciò, anche se continuerò a lamentarmi dei prezzi che mi trovo davanti quando viaggio in Europa, sono consapevole che i prezzi che contano per gli scambi commerciali sono più competitivi di quelli che vedo quando pago il conto del ristorante. E sono consapevole anche che le pressioni complementari, sull'Europa perché importi fondi e sui paesi in surplus perché diversifichino le loro riserve in valuta estera, renderanno i viaggi nel Vecchio Continente sempre più costosi per chi paga in dollari.

(Traduzione di Fabio Galimberti)

26 marzo 2010
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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