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È l'ora di una politica comune

di Adolfo Urso

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26 marzo 2010

Per uno strano gioco del destino, la richiesta di soccorso della Grecia arriva proprio alla vigilia della sua indipendenza. È lo stesso premier Papandreou ad averlo ricordato ai partner europei con parole chiare: «Ci troviamo nuovamente in un momento chiave della nostra storia». Solo che oggi non si decide unicamente il futuro di Atene ma il senso stesso dell'Unione Europea. E da europeo convinto dico che non possiamo lasciare sola la Grecia, anche se toccherà al governo ellenico fare la parte più difficile, risanando i propri conti nel più breve tempo possibile e in modo tale da rassicurare i mercati. Non possiamo lasciare sola la Grecia perché altrimenti si alimenterebbe la spirale della speculazione internazionale che colpirebbe anche altri partner e, in tal senso, ci preoccupano la bocciatura che in queste ore ha subito il Portogallo e le nubi che si addensano sulla Spagna.

Non possiamo lasciare sola la Grecia perché verrebbe a mancare, con la solidarietà, anche la ragione stessa dell'Europa. Dovrebbe saperlo anche la Germania che è rinata con il piano Marshall, è stata difesa dalla Nato quando era divisa ed è stata supportata dalla Comunità europea quando si è potuta finalmente riunificare. C'è da chiedersi, oggi, cosa sarebbe successo se i paesi europei avessero deciso diversamente, impedendo alla Germania di utilizzare i propri fondi pubblici per aiutare i cittadini e le proprie imprese situate nei Länder orientali, se li avessero obbligati a rispettare, anche loro, le regole inflessibili del mercato interno. Il costo sociale della riunificazione sarebbe stato insostenibile e la Germania, per non affondare, avrebbe forse dovuto chiedere proprio il sostegno del Fondo monetario. I partner europei ci avrebbero potuto guadagnare economicamente, ma sarebbe stato un disastro politico. Lo stesso che si corre oggi con la Grecia. E che dobbiamo in tutti i modi evitare, perché da un piccolo fuoco si potrebbe innescare un incendio che poi, difficilmente, riusciremo a controllare.

Oggi è il tempo di ribadire quanto sia fondamentale garantire la stabilità dell'euro nato con l'idea della corresponsabilità, che è un concetto distinto da quello della solidarietà. E adesso dobbiamo dimostrare di essere corresponsabili, adottando una prospettiva europea per risolvere il problema greco che è il problema dell'Europa. Sia ben inteso, nessuno vuole assolvere la Grecia per le sue gravi colpe. E non è corretto addossare agli altri stati membri, all'Eurogruppo, alla Commissione responsabilità che sono esclusivamente delle autorità greche. Ma a tutti sembra essere sempre più chiaro che il progetto dell'Europa unita, del mercato unico e dell'euro è assai più importante di qualunque questione di principio sulle indubbie e gravi manchevolezze greche.

Il governo di Atene dovrà riprendere con determinazione la giusta rotta senza più tentennamenti e su questo, una volta tanto, proprio l'Italia ha dimostrato che si può. Il nostro paese con il suo alto debito pubblico è riuscito, senza sbandare, a manovrare la nave in un mare tempestoso; proprio l'Italia con il suo basso debito privato ha fatto ricredere chi pensava che questa fosse l'era delle cicale scoprendo invece che hanno avuto la meglio le formiche, ovvero chi come noi ha sempre puntato non sull'alta finanza ma sui sistemi produttivi e sociali e sulle imprese che operano nell'economia reale, sull'industria, il turismo, l'agricoltura.

L'Europa si è allargata molto, c'è chi dice troppo, certamente ora deve dimostrare che non è come si diceva una volta un gigante economico e un nano politico, anzi proprio ora deve rivelare di avere la forza per restare una potenza economica perché è anche una realtà politica. L'Unione si è mossa bene nella prima fase della crisi, quando grazie proprio alla regia di Germania, Francia e Italia ha saputo arginare la recessione economica che stava collassando i sistemi sociali ed economici di alcuni paesi nuovi entranti dell'Est Europa, ora altrettanto deve fare coordinando gli interventi con l'Fmi, di cui - ricordo - siamo i principali azionisti, nel tentativo di bloccare questa nuova e più pericolosa breccia che colpisce proprio l'area dell'euro, cioè il cuore della nostra Unione. Qualche giorno fa Jaques Attali, già presidente della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, ricordava come l'abbandono delle sovranità monetarie fu il prezzo che tutti i paesi europei pagarono per poter avere un mercato unico. Per Attali la crisi greca potrebbe essere oggi la levatrice per avere finalmente anche un'Europa con una politica economica e finanziaria comune. Nessun ritorno quindi agli egoismi protezionistici che sappiamo a cosa portano, semmai è il tempo di dimostrare che l'Europa c'è. Per altro l'Europa è nata ad Atene qualche migliaia di anni fa, e ora non può morire ad Atene.

Adolfo Urso è viceministro allo Sviluppo economico

26 marzo 2010
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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