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Lo scudo non diventi un alibi

di Ivo Caraccioli

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26 ottobre 2009

Non sono i numeri degli anni caldi delle «manette agli evasori», quando le denunce sui reati fiscali andavano a ingolfare il lavoro di procure e tribunali, prima di trovare puntualmente l'archiviazione per decadenza dei termini. Ma, di sicuro, il segnale che arriva ora dalle statistiche sui reati fiscali denunciati dalla Gdf indica una maggiore attenzione al fenomeno che - specie in concomitanza con l'operazione scudo fiscale - non può passare inosservata. Al tempo stesso, è necessario che si tenga dritta la barra di uno sforzo che ha portato, negli ultimi anni, a un continuo aumento delle denunce per fatti connessi all'evasione, senza che scudi e condoni forniscano alibi sia a chi deve effettuare i controlli sia ai contribuenti.

Lo scudo, si diceva. Naturalmente, non tutta l'evasione finisce oltre frontiera, ma una buona fetta sì, a quanto sostiene la stessa agenzia delle Entrate. Premesso che nessuno dei contribuenti "inclusi" nelle statistiche potrà accedere ai benefici della sanatoria (l'avvio dell'azione penale impedisce l'accesso allo scudo), è evidente che il legislatore non poteva non tener conto dei rischi di autodenuncia a cui sarebbe andato incontro il contribuente che aderisce allo scudo. Ora la copertura offerta appare sufficientemente ampia, comprendendo anche alcune ipotesi di falso comune e di falso societario che siano però strettamente collegate alle violazioni tributarie.
Restano esclusi i reati dotati di una rilevante criminosità, quali l'emissione delle fatture false e la "frode esattoriale" per sottrarsi al pagamento delle imposte.

Mentre, come conseguenza della deprecabile tecnica del rinvio normativo (ai reati estinti dai vecchi scudi del 2001-02), restano esclusi anche tre illeciti (omesso versamento di ritenute e di Iva, indebita compensazione) non necessariamente più gravi di quelli invece compresi nello scudo. Ad esempio, l'impresa in crisi di liquidità che preferisce pagare il salario ai dipendenti rinviando il versamento delle ritenute e dell'Iva a tempi migliori rischia di non godere dell'operatività dell'estinzione pur non avendo contabilizzato fatture per operazioni inesistenti. Se mai dovesse esserci una proroga, sarebbe opportuno che si pensasse a un allargamento anche a questi tre reati.

Copertura penale, dunque, al punto giusto. Questo rilievo acquista validità, poi, se si pensa alle cause che impediscono l'estinzione dei reati: sostanzialmente non ne può fruire, con qualche difficoltà interpretativa derivante anche qui dalla tecnica del rinvio normativo, chi è già stato sottoposto ad atti di verifica e di accertamento fiscale o sa di essere sottoposto a procedimento penale.
Purtroppo, peraltro, la genericità della formula di chiusura degli atti tributari impeditivi, secondo l'interpretazione allargata datane dalle Entrate, vi fa ricomprendere anche i "questionari" e le "domande" inviate dall'amministrazione finanziaria.

In questo modo si è messo nelle mani degli uffici un potere discrezionale enorme, che comunque è auspicabile non venga usato per far fallire il provvedimento oppure in odio a determinati contribuenti. Una puntuale restrizione ad atti veramente "tipici", anche con effetti retroattivi per quelli "non tipici" già inviati, sarebbe, dunque, opportuna se si vuole raggiungere al massimo l'auspicato successo.
Molto valida (anche al fine di neutralizzare l'accusa politica di amnistia allargata) è la possibilità di interpretare a sfavore del soggetto l'emersione dello scudo nei processi penali (a differenza di quelli civili, amministrativi, tributari) per reati diversi da quelli estinti (ad esempio, bancarotta).

Meno accettabile, invece, l'estensione, legislativamente non prevista, ma a cui ritengono di arrivare provvedimenti amministrativi di carattere non normativo, di questa disciplina al settore delle segnalazioni antiriciclaggio, non potendosi interpretare una norma di favore come creativa di obblighi non specificamente previsti. Lo spauracchio dell'antiriciclaggio, invero, sta sollevando troppo polverone in ordine allo scudo e se ne dovrebbe allentare la tensione.
Ivo Caraccioli
(Ordinario di diritto penale all'Univestità di Torino)

26 ottobre 2009
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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