Le periodiche tensioni attorno alla presidenza delle Generali – abbiano avuto al centro in passato figure istituzionali come Cesare Merzagora o leader interni come Enrico Randone, più di recente manager come Alfonso Desiata o Gianfranco Gutty, o ultimamente l'uscente Antoine Bernheim – si sono sempre innestate in un dilemma strutturale tuttora irrisolto. Il Leone deve rimanere un'istituzione autonoma, pilotata da un nucleo di azionisti forti ed eccellenti, sostanzialmente finanziari? Oppure l'assetto della compagnia deve ridisegnarsi all'interno (o al vertice) di un gruppo collegato con il settore bancario come per Axa-Bnp o Allianz-Dresdner?
Il confronto in corso in Mediobanca e tra gli altri soci privati di Trieste sembra – e in parte è – focalizzato sui nomi, ma è impossibile che esuli dal tema strategia-struttura: non foss'altro perché il controllo attuale annovera big bancari come Mediobanca, UniCredit, Intesa Sanpaolo e Mps oltre alla Fondazione Cariplo, come residuo della grande scalata (bancaria) del 2003. Ma è almeno un ventennio che il Leone è oggetto di tentativi (mancati) di costruire "campioni nazionali".
La Mediobanca dell'ultimo Enrico Cuccia provò ad agganciare saldamente le Generali alla Comit, aprendo poi ai vari progetti SuperBin. Quando UniCredit attaccò la Comit, il presidente Bernheim perse il posto a Trieste perché appoggiava l'Opa nel cda di Piazza Cordusio: e forse non vedeva male un Leone meno legato alla vecchia Mediobanca. Piazza della Scala finì a Intesa e la presidenza Desiata a Trieste parve stringere la partnership a valle con il gruppo di Giovanni Bazoli; e poi preludere a una "fusione nazionale" tra UniCredit e Intesa. La "guerra" del 2003 estese ancora il plateau delle banche azioniste, ma il dilemma storico resta. E, come ha ricordato anche il presidente Cesare Geronzi, una fusione tout court tra Mediobanca e la grande partecipata assicurativa non è un'opzione. Ma qual è oggi il (possibile) canovaccio strutturale dietro (o dopo) la successione a Bernheim? I ragionamenti di Piazza Affari coinvolgono soprattutto UniCredit con una pura ipotesi di lavoro: il consolidamento delle proprietà (in parte già sovrapposte) tra Piazza Cordusio, Mediobanca e Generali e la riorganizzazione "a gruppo" delle società e delle attività. Con un mix di ingegneria finanziaria e strategie post-crisi.