Il decreto legge milleproroghe? Il provvedimento più noioso, si potrebbe rispondere, in cui ci s'imbatte quando si esamina la pur copiosa e tutt'altro che allegra produzione del Parlamento. Un insieme di disposizioni che rinviano termini e precisano scadenze costruendo un calendario di adempimenti sempre meno comprensibile. In realtà, però, anche l'appuntamento periodico con il decreto milleproroghe contribuisce a svelare uno dei tanti volti dell'Italia.
Il provvedimento finisce, infatti, con l'essere lo strumento che affossa le buone intenzioni, rinviando interventi ritenuti opportuni da tutti ma che, per il momento, non si possono proprio fare. Oppure si rivela il mezzo per bloccare iniziative velleitarie diventate legge e di cui ci si è presto pentiti, ma che non si possono cancellare per motivi di consenso. O, infine, diventa lo specchio di un paese che decide con difficoltà e che al conflitto delle scelte preferisce la tranquillità che deriva dal sostituire in una legge la parola «2010» con la parola «2011». Rinviando di un altro anno preoccupazioni e timori. Di un paese che troppe volte sceglie di non osare. Anzi, più semplicemente di non scegliere.