I fondatori del movimento «Move Your Money» (sposta i tuoi soldi, si veda l'articolo a pag. 4) devono aver dato un'occhiata ai libri di finanza comportamentale. Dove hanno appreso che agli individui piacciono le scorciatoie euristiche. In fatto di banche, dire che piccolo è bello e grande è rischioso e destabilizzante fa molta più presa che non sostenere che i risparmiatori dovrebbero scegliersi gli intermediari più efficienti (grandi o piccoli che siano).
Ma un messaggio come questo non avrebbe alcun significato politico, che forse è ciò che interessa a Arianna Huffington e a chi anima il movimento. Le distorsioni cognitive tipiche della finanza rendono questa industria un caso da manuale di mercato ben lungi da essere perfetto e libero, e quindi terreno fertile per ideologie e pregiudizi. È incerta però la portata di campagne di sensibilizzazione "etica", stante il fatto che fino a oggi la finanza non si è mai distinta per la sua capacità di infiammare gli animi.
A livello micro, si potrebbe invece fare un proficuo e graduale lavoro di educazione finanziaria, finalizzato a dotare i risparmiatori degli strumenti conoscitivi per potersi confrontare ad armi pari con gli intermediari. Come si legge a pagina 8, però, il processo di formazione di massa dei cittadini è agli albori, richiederà molto tempo prima di dare luogo a risultati concreti, e coinvolge un gran numero di soggetti e istituzioni (dalle autorità di controllo alla scuola), ognuna con le sue priorità; il fatto che anche le banche sia a livello consortile che singolarmente promuovano programmi di formazione finanziaria è confortante. La domanda resta: agli intermediari (e alla loro capacità di generare extraprofitti) conviene veramente che i clienti siano preparati e consapevoli?
Occorrerebbe poi evitare di cadere nell'illusione che i movimenti dei capitali da una banca all'altra siano di per sè indice di efficienza e dinamismo del mercato. Se un cliente segue passivamente un private banker che migra da un istituto all'altro a caccia di ingaggi non necessariamente fa un favore ai propri risparmi e al sistema finanziario. E non bisogna neppure sovrastimare l'insoddisfazione della clientela bancaria. Questo è un rischio che si corre quando ci si occupa, come facciamo da anni a «Plus24», dei reclami dei correntisti e degli investitori. La realtà è che milioni di clienti non cambiano banca perchè tutto sommato non sono così infelici. Certo, molti di questi, se dedicassero più tempo alla cura delle proprie finanze, scoprirebbero che spostando i risparmi altrove potrebbero essere ancora più soddisfatti. Ma in un settore bancario che, grazie anche alle reti di promotori e all'offerta online, offre da tempo la possibilità di fruire di condizioni e servizi differenziati, non va trascurata l'ipotesi che qualche cliente abbia già valutato con attenzione l'opzione di trasferire i suoi soldi e consapevolmente l'abbia accantonata. Almeno per ora, si intende.
L'attività bancaria è poi molto delicata perchè il confine tra continuità aziendale e default è tracciato dalla reputazione. Se questa viene duramente colpita per effetto di campagne più o meno disinteressate, una parte dei risparmiatori e la stabilità del sistema subiscono un danno, pur tenendo conto delle assicurazioni dei depositi presenti nella maggior parte dei mercati. Ciò di cui hanno bisogno i risparmiatori sono più formazione e minori barriere all'uscita da una banca. Se otterranno queste condizioni, saranno loro a decidere se restare o andarsene come accade con qualsiasi altro servizio, senza che qualcuno si senta in dovere di ricordarglielo.