L'interminabile sequela delle riunioni economiche internazionali comincia, per il 2010, la prossima settimana con un incontro dei ministri finanziari e dei governatori del G-7 a Iqaluit, in Canada. Il G-7? Ma come? Non era stato soppiantato dal G-8, e questo dal G-20?
L'ingorgo di meeting e summit sfiora la farsa quest'anno, dopo che i sette (o otto) grandi hanno capito che non c'era modo di affrontare i problemi dell'economia globale senza gli emergenti e hanno ufficializzato l'allargamento del gruppo. Ma non si poteva scontentare il Canada, già pronto a succedere all'Italia nella presidenza di turno del G-8 (o sette?) e quindi le riunioni già programmate nel paese nordamericano si faranno lo stesso. Compreso il vertice dei capi di stato e di governo a Toronto a giugno.
Intanto, però, la Corea del Sud ha assunto la presidenza del G-20 e si farà quindi il suo summit, a novembre a Seul. Il tutto inframmezzato da riunioni dei ministri finanziari e dei banchieri centrali, compresa quella appena convocata a Berlino per il prossimo mese di maggio (ne sono già previste una ad aprile e un'altra a giugno) dal cancelliere tedesco Angela Merkel in risposta al piano Obama-Volcker sulle regole per le banche.
L'obiezione che tutte queste riunioni non servono a nulla appare fin troppo facile, forse un po' semplicistica. A essere onesti, nella fase acuta della crisi sono servite almeno a dare l'impressione che le autorità non erano del tutto impotenti e anzi si stavano dando da fare in modo coordinato. Visti i risultati di Copenhagen sul clima e di Ginevra sul commercio, sull'economia e la finanza si è almeno affrontata l'emergenza e messo in moto un processo di riforme.
Certo, i risultati non sono direttamente proporzionali al numero delle riunioni e tutta questa voglia di coordinamento internazionale tende a svanire rapidamente e si torna a procedere in ordine sparso quando l'emergenza si attenua. E quando gli interessi nazionali della politica tornano a galla di prepotenza. Basta osservare l'attivismo crescente sul fronte delle tasse e delle restrizioni alle banche di Obama dopo la sconfitta elettorale in Massachusetts e di Gordon Brown man mano che si avvicina il voto in Gran Bretagna.
Per ovviare all'accavallamento degli incontri e assicurare al G-20 una vera leadership, stanno emergendo una serie di proposte. L'ultima è del governatore della Banca d'Inghilterra, Mervyn King, che ne suggerisce la "metamorfosi" nell'organo di governo del Fondo monetario. La governance globale ne guadagnerebbe in legittimità e in efficacia. «Le foto di gruppo ai vertici internazionali non possono prendere il posto di azioni specifiche», dice King. Proposta non dissimile da quella del G-30 (trenta "saggi", non trenta paesi) che chiede un Consiglio a venti per l'Fmi.
Non resta che sperare che la metamorfosi sostenuta da King abbia maggior successo di quella raccontata da Kafka.