Senza una vigilanza attenta ed indipendente i dissesti bancari sono più probabili e dolorosi. È questa una delle lezioni più importanti che dovremmo imparare da questi due anni di crisi finanziaria. I vigilanti devono avere una alta reputazione: tutti devono fidarsi non solo delle loro capacità di conoscere banche e mercati ma anche di intervenire, come si dice, senza guardare in faccia a nessuno.
Occorre che chi controlla sia ritenuto al di sopra di ogni sospetto. Altrimenti il rischio è che i politici, oppure le banche controllate, ovvero politici e banche coalizzate, possano negativamente influenzare chi controlla, che finisce per sorvegliare male, oppure per salvare chi non se lo merita.
Ed allora, oggi più che mai occorre ricordare che l'Italia può vantare un esempio fulgido di difesa dell'indipendenza della vigilanza: Paolo Baffi. Baffi, oltre che protagonista della politica monetaria, può essere ricordato come il governatore della vigilanza.
Con lui le responsabilità della Banca d'Italia nella gestione della regolamentazione e supervisione abbandonarono l'accondiscendenza al disegno dirigistico di allocazione del credito, con il suo fardello di rischi di inefficienza e di corruzione.
La politica di vigilanza si avviava verso una configurazione più consona ad una moderna economia di mercato. Con una lezione fondamentale: integrità e stabilità devono essere facce di una stessa medaglia.
Prima del governatorato Baffi, la politica di vigilanza non aveva una suo ruolo, né formale né sostanziale. Sul piano formale, nel 1976 Paolo Baffi è il primo governatore che dedica una paragrafo delle Considerazioni Finali al tema della vigilanza, per poi passare, nel 1978, ad un capitolo vero e proprio della Relazione.
Ma è sul piano dei contenuti che l'azione di Baffi rappresenta un mutamento nel modus operandi della vigilanza che, tradotto nel linguaggio della moderna analisi economica, può essere così riassunto: meno discrezionalità ex ante, più accountability ex post.
In primo luogo, per aumentare la distanza di braccio tra regolatore, da un lato, e politici e banche, era necessario rendere la vigilanza sempre più oggettiva ed impersonale, da un lato, e sempre più rigorosa, dall'altro. Nel 1976 Paolo Baffi precisava che «è opportuno che, nell'esercizio della propria autonomia, l'istituto di emissione si uniformi a parametri che assicurino la razionalità e la trasparenza del suo comportamento».
In secondo luogo, è proprio il connotato della trasparenza dell'azione della banca centrale che contraddistigue il governatorato Baffi. Paolo Baffi inserisce nelle Considerazioni Finali per il 1975 una paragrafo dedicato ai rapporti tra "La Banca e la collettività". Il render conto pubblicamente diventa uno strumento fondamentale per rendere espliciti i fondamenti del proprio ruolo e ricercare continuamente criteri generali e obiettivi per esercitarlo.
La nuova filosofia della vigilanza si riflette in un'azione ispettiva più incisiva: nel periodo 1975-78 viene sottoposta ad ispezione una quota del sistema più che doppia rispetto all'analogo periodo precedente. Tutte le banche devono essere ispezionate con gli stessi criteri; nessuna differenza tra pubbliche e private, grandi o piccole.
L'imparzialità del vigilante è una bussola a cui il governatore Baffi non rinuncia. L'anno orribile è il 1979. La Banca d'Italia aveva in corso delicate azioni di vigilanza, dedicate alla Banca Privata Italiana di Sindona e al Banco Ambrosiano di Calvi. Il 24 marzo il giudice istruttore Alibrandi, su conforme parere del procuratore Infelisi, accusa Baffi e Sarcinelli. Le imputazioni sono di interesse privato in atto ufficio e favoreggiamento personale, per finanziamenti al gruppo chimico Sir.
Sarcinelli verrà privato della libertà personale, ed a Baffi viene risparmiato il medesimo trattamento per sole ragioni di età. Le accuse vengono unanimemente ritenute ingiustificate ed indegne. Un appello pubblico di 147 economisti lo testimonia. Solo nel 1981 arrivano i definitivi proscioglimenti.
Il governatore della vigilanza lasciò socraticamente la sua carica. Il vulnus alle persone fu gravissimo, ma l'esempio di correttezza e rettitudine finirà per essere un lievito formidabile per la reputazione e la credibilità della Banca d'Italia. Carlo Azeglio Ciampi raccoglierà il testimone di Paolo Baffi a difesa dell'integrità.
Secondo la migliore teoria, l'indipendenza della vigilanza coincide con l'assenza di cattura da parte dei politici, delle banche, nonché degli stessi interessi personali dei controllori. Paolo Baffi fu un governatore indipendente.
Come lui ricordava in una lettera che ebbi l'onore di ricevere nel giugno del 1988, «la presenza di operatori disonesti impegnò in quel tempo le energie della Banca sul fronte della Vigilanza; è in ragione di quel serio e forse temerario impegno che chi Le scrive ed il suo maggiore collaboratore nel campo indicato furono fatti cadere». Serietà e coraggio per vigilare sui mercati: è questa l'eredità di Paolo Baffi.