Tra gli scaffali dei supermercati è ormai una prassi vedere i marchi dei distributori. Accanto ai big dell'alimentare e del grocery spuntano i nomi delle insegne, o brand di fantasia gestiti comunque dalla catena. In Europa accadeva da anni, da noi il modello ha preso piede poco alla volta, anche a causa della relativa frammentazione del settore. Siamo però a un punto di svolta: la quota di mercato in alcune classi di prodotto supera il 30%, il giro d'affari annuo è proiettato oltre gli 8 miliardi di euro a fine anno. Ovvio che le grandi marche non vedano di buon occhio il trend. Ma la sfida si gioca sul rapporto prezzo-qualità, e l'esistenza di alternative porta benefici per tutti. Il consumatore può allargare le proprie scelte, il distributore cerca di fidelizzare il cliente, l'industria di marca è stimolata dalla concorrenza. Altro vantaggio, non marginale, la fornitura in sè. Per molte aziende, la produzione parallela con marchi altrui è ormai una necessità, l'unico modo per realizzare economie di scala e resistere sul mercato.