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Big Bang per welfare, Sud e scuola

di Giacomo Vaciago

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28 agosto 2009

La ripresa economica è in arrivo, e riguarda l'Italia come il resto del mondo: riguardava tutto il mondo la crisi esplosa un anno fa, e quindi, mese più o mese meno, la ripresa sarà anche italiana. Il nostro maggior problema è però un altro: quando e come tornare a crescere. Qui si incontra il nodo delle riforme strutturali.

Ne ha scritto sul Sole 24 Ore del 26 agosto il ministro Claudio Scajola, illustrando la nuova strategia (legge n. 99/2009 e relative deleghe) per lo sviluppo economico. Ne ha parlato lo stesso giorno al Meeting di Rimini il governatore della Banca d'Italia Mario Draghi. Come già altre volte, Draghi ha insistito su ciò che da 15 anni più frena la crescita della produttività in Italia: scuola, ammortizzatori sociali e pensioni, Mezzogiorno. In ciascuno di questi tre grandi settori, ciò che serve al paese è fare un deciso passo avanti sulla strada dell'efficienza e dell'equità.
Si continua a discutere se momenti di crisi come questi siano i più adatti per farle, le riforme, o sia invece meglio attendere momenti diversi, quando le cose vanno bene. Ma come spesso capita, si sottovaluta l'aspetto forse più importante, che riguarda non tanto il "momento giusto", ma piuttosto il "modo giusto" per fare le riforme. Valutiamo gli aspetti principali del modo con cui si possono fare le riforme, con esempi tratti dal dibattito odierno.

Il primo problema è: la riforma viene attuata tutta in un giorno (Big Bang) o si realizza in modo graduale? Qui ciò che conta è l'essere sicuri che con il gradualismo si riesca comunque a migliorare man mano la situazione e non succeda il contrario. Pensiamo a cosa fu dimostrato tanti anni fa, con il famoso teorema del Second Best (1956): mentre si passa dall'equilibrio A all'equilibrio B, che è certamente migliore, nel frattempo la situazione può però peggiorare! È quello che vediamo tutti i giorni quando si apre un cantiere per allargare una strada o per realizzare un parcheggio: finché l'opera non è finita, la situazione peggiora! Ma l'abbiamo anche visto vent'anni fa negli Usa (ed è forse in parte vero anche in Italia, in questi anni). Quando si sta investendo in una nuova tecnologia come internet, i cui guadagni di produttività si hanno solo se in tanti sono connessi: all'inizio, la produttività rallenta invece di accelerare (abbiamo già internet, ma c'è ancora anche il fax!).

Pensiamo all'avvio di una riforma radicale dell'università com'è quella odierna, in cui si è iniziato a finanziare gli atenei in base ai loro risultati migliori. A molte università giudicate poco meritevoli, quei soldi non sono stati dati. Per quanti anni possiamo continuare così, mantenendo però la finzione che i docenti, gli studenti e quindi i titoli di studio di quelle università sono identici a quelli delle altre? Ed è ovvio che questa riforma - da sola - è comunque un passo avanti rispetto alla situazione attuale, in cui la qualità è distribuita in modo casuale sul territorio? Non era meglio, già fin d'ora, accompagnare ai maggiori finanziamenti pubblici anche un aumento di quanto chiesto agli studenti dalle università migliori (che è poi la riforma Blair di cinque anni fa)?

È allora chiaro perché il gradualismo rappresenta un modo molto difficile di fare le riforme: non c'è garanzia d'irreversibilità; non è mai certo che in ogni passaggio i benefici siano sempre maggiori dei costi; e non ci sono sempre gli incentivi per garantire i passi successivi.
A volte c'è solo l'illusione che spalmando le riforme su un lungo periodo di tempo (pensiamo a due esempi recenti: il federalismo fiscale e l'aumento dell'età di pensionamento delle donne) siano politicamente più accettabili. Ma nessuno ha dimostrato che il profilo temporale dei costi e dei benefici sia sempre corretto. E non sempre è a tutti chiaro quale sarà il punto d'arrivo, e non si ha quindi l'effetto benefico che le aspettative (e quindi i comportamenti) già si adeguino a quella che sarà la situazione nuova quando completata. Per tutti questi motivi, l'alternativa rappresentata da una radicale e immediata svolta (il Big Bang, che è tipico delle riforme in campo finanziario, quando le nuove regole devono essere tutte adottate assieme) può presentare molti aspetti positivi.

È lo stesso problema che abbiamo per il Sud, il cui mancato sviluppo negli ultimi 15 anni costituisce la principale differenza tra la performance dell'Italia e quella dell'Europa. Il Mezzogiorno è una significativa parte del paese dove dovremmo anzitutto garantire il rispetto delle buone regole di una moderna economia di mercato. Lo facciamo con i Carabinieri? Servono enormi trasferimenti di soldi? Oppure occorre il quotidiano rispetto di buone leggi e il convinto sostegno al merito? Ma, soprattutto, con quale metodo e con quali tempi?
In conclusione, quando si discute di riforme e del momento giusto in cui deciderne l'attuazione, sarebbe utile chiarire sempre anche i meriti relativi dei diversi modi con cui le riforme stesse possono essere attuate. Ne dipendono non solo le condizioni di successo finale, ma anche le modalità con cui si riescono a garantire quei continui miglioramenti che servono al consenso necessario per sostenere il processo riformatore, evitando, ad esempio, come è spesso avvenuto in Italia che un nuovo governo cancelli quanto fatto dal precedente...

28 agosto 2009
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