Europa a due velocità. Vecchia storia, verrebbe da dire, quella dei paesi che crescono di più e che crescono meno, quella degli stati più virtuosi e più competitivi che viaggiano veloci mentre arranca chi non ha ancora messo la casa in ordine. Ma quello che è accaduto ieri conferma che esiste un'altra Europa a due velocità, insostenibile ma alla quale si può porre rimedio: i tempi lenti della politica e i tempi accelerati dei mercati finanziari.
La giornata è stata storica per la giovane età dell'euro e dell'ancor più giovane Unione monetaria a 16: uno stato membro dell'Eurozona, la Grecia, è stato declassato al rating speculativo "BB+" da parte di Standard & Poor's, con prospettive che restano negative. Tre gradini di retrocessione in un solo colpo, un richiamo per lo spettro del default. I titoli di stato dell'Eurozona periferica hanno vissuto un'altra seduta da incubo. Accade che la politica non riesce a tenersi al passo con i mercati, compromettendo la comunicazione. Eurolandia marcia con i tempi lenti della politica, rallentata anche dall'illusione che le crisi, compresa quella greca, si possono affrontare come in uno slalom gigante, schivando una successione di paletti prefissati. E per riunirsi attende il 10 maggio, dopo le elezioni tedesche.
Dall'altro lato i mercati finanziari corrono, vivono in accelerazione perché i monitor dei trader aggiornano in tempo reale i prezzi dei titoli di stato, delle azioni, delle obbligazioni reagendo all'istante a qualsiasi notizia, bella o brutta che sia. Così mentre i 15 partner dell'Eurogruppo mettono a punto i consensi politici e i percorsi legislativi per attivare un pacchetto di prestiti bilaterali alla Grecia, una misura straordinaria che segnerà per sempre il percorso dell'euro, i mercati, incalzati dalla speculazione, non si danno pace e in assenza di certezze, di fatti concreti, di buone notizie per stemperare quelle cattive si confondono, agitano, si avvitano e alla fine vendono all'impazzata tutto ciò che può minimamente contenere un granello di rischio.
Ieri il differenziale tra il rendimento dei Bund tedeschi e dei titoli di stato di Grecia e Portogallo (anch'esso declassato da S&P's, questa volta di due gradini) si è allargato con violenza, contagiando Spagna, Irlanda e solo lambendo l'Italia, ancora definita dai trader «roccia». Le aste dei BoT italiani e spagnoli sono state collocate con rendimenti in netto rialzo e senza entusiasmare i compratori. Il mercato corre e a volte sbanda. Intanto i governi che devono sostenere l'esborso maggiore per la Grecia lavorano per creare sotto pressione iter legislativi che non hanno saputo individuare finora, e introdurre nei conti pubblici nazionali una voce nuova: fondi per finanziare un paese dell'eurozona in difficoltà. Un percorso che non può non includere la tappa della ratifica parlamentare. Ma i contenuti, gli importi, le durate di questo aiuto a tutt'oggi restano vaghi.
La partecipazione del Fondo monetario internazionale al pacchetto di prestiti alla Grecia ha in qualche misura contribuito ad allungare i tempi: il Fondo decide in due-tre settimane, questo è lo standard. Ma Eurolandia deve imparare la lezione: nello slalom con i mercati i paletti spuntano all'improvviso e bisogna essere veloci a reagire per affrontare tempestivamente i nuovi ostacoli sul cammino dell'euro. Ieri è stato l'ennesimo test per gli stati dell'eurozona: la politica deve accelerare il passo. Affinchè i prossimi paletti improvvisamente eretti dal mercato non trovino la politica impreparata e i paesi più deboli incapaci di schivare il colpo.