Finalmente finiscono. Parliamo delle Olimpiadi di Vancouver, le più scialbe della pur non brillantissima storia delle Olimpiadi invernali. Iniziate con i camion che trasportavano la neve sulle piste, sono proseguite con un atleta morto nelle prove dello slittino, sono finite senza aver destato alcun interesse nell'opinione pubblica. Né in Italia, né nel resto del mondo. L'unico sussulto sono state le polemiche sollevate dal pattinatore russo Plushenko, scippato della medaglia d'oro a vantaggio di un atleta americano e consolato da Putin in persona. Un interesse così basso ha fatto gioco alla delegazione italiana, tornata in patria con una serie infinita di brutte figure (a parte la medaglia d'oro di ieri di Giuliano Razzoli) e un bottino anemico di medaglie. Un così basso interesse per Vancouver - che segue il flop dei Mondiali di Roma - induce a una riflessione riguardo alla corsa all'organizzazione di grandi eventi. Senza idee e mezzi adeguati si rischiano brutte figure e bagni economici. Partecipiamo alla corsa per gli Europei di calcio del 2016 e le Olimpiadi del 2020, con Roma e Venezia che sgomitano. Sarebbe il caso di pensarci e poi, nel caso, di organizzarsi seriamente.