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LA MANO VISIBILE / Signora ministro più golf per tutti non è uno slogan

di Alessandro De Nicola

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28 Marzo 2010

«Non è necessario essere stupidi per giocare a golf. Però aiuta molto». Il micidiale aforisma di George Bernard Shaw ha perseguitato i golfisti per generazioni. In effetti le conversazioni nelle club house sono curiose: infervorate signore spiegano ad annoiati gentleman come la sfortuna si sia accanita contro di loro quando per pochi centimetri la pallina è scivolata nel laghetto della buca 16. Lo stoicismo del gentleman viene poi ripagato quando è il suo turno di raccontare affranto di aver fatto per ben 7 volte 3 putt per il pietoso stato dei green.

Soprattutto in un paese dissacratore e cialtronesco come il nostro, il golf non può godere di buona stampa: il ministro Brambilla poteva aspettarselo quando ha incautamente dichiarato che presenterà un disegno di legge per lo sviluppo del nobile sport in Italia. Il leghista Garavaglia, espressione di popolare saggezza padana, ha subito detto che i cassintegrati «difficilmente andranno a giocare a golf». Non ha perso l'occasione il capogruppo Pd al senato, Anna Finocchiaro, che con caustica verve della Magna Grecia ha stigmatizzato: «Dopo gli incentivi per le barche da diporto ecco un'opportunità da cogliere al volo per le migliaia di operai senza lavoro».

Ebbene, se la fiammeggiante ministra manterrà la promessa che il suo ddl non comporterà oneri per lo Stato,va invece incoraggiata a tirare dritto.

Il golf ha in Europa un giro d'affari complessivo di quasi 50 miliardi di euro ed in Italia di 350 milioni per gli introiti diretti, quelli cioè legati solo alle attività del circolo golfistico (fonte: Protiviti). In paesi come Spagna e Portogallo i ricavi legati all'indotto (sviluppo immobiliare, alberghi, vacanze) sono 4/5 volte superiori a quelli diretti (fonte: Kpmg, Oxford Economics) .

L'Italia ha 378 impianti di cui 216 club con almeno nove buche e in media ciascuno di questi impiega 33 persone (Protiviti). In generale, in Europa, Medio Oriente e Africa (Emea), per ogni occupato diretto ce ne sono altri 2 indiretti che vivono grazie all'indotto. In altre parole, ogni nuovo campo da golf in media dà lavoro a 100 persone.

Il nostro problema è che rispetto a paesi a noi comparabili come Francia, Spagna e Portogallo abbiamo in proporzione alla popolazione da un quarto a un quinto dei golfisti degli altri paesi (per un praticante in Italia ce ne sono 5 in Spagna) sfruttiamo molto meno le potenzialità turistiche dello sport. Infatti il turismo golfista è più ricco e pronto a spendere della media: il numero di stranieri benestanti che grazie al clima e alla bellezza dei paesaggi potrebbero essere attratti nel Belpaese è enorme. A ciò si aggiunga che le proprietà immobiliari affacciate sui campi hanno nel mondo una valore medio dal 5 al 30% superiore a quello di residenze comparabili (fonti: Kpmg, Nicholls-Crompton) e perciò la loro costruzione è ad alto valore aggiunto.

Certamente, in tempo di crisi anche il settore soffre: si calcola che i ricavi complessivi nel 2008-9 siano scesi del 5% nei paesi Emea (come il Pil, d'altronde) e chi ha sofferto di più siano stati gli immobili. Tuttavia la popolazione invecchia (il golf si pratica anche oltre gli 80 anni!) e il potenziale italiano è sottosviluppato: perché un ministro del turismo non dovrebbe tenerne conto?

Non so se l'impulso alla costruzione di green e bunker assorbirà molti cassintegrati: certamente le ampolle di acqua del dio Po non saranno di grande aiuto.
aadenicola@adamsmith.it

28 Marzo 2010
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