ITALIA

 
 
 

 
HOME DEL DOSSIER

8 Maggio 2010

7 Maggio 2010

6 Maggio 2010

5 Maggio 2010

4 Maggio

3 Maggio 2010

1 Maggio 2010

30 Aprile 2010

29 Aprile 2010

28 Aprile-2010

26 Aprile 2010

25 Aprile 2010

24 Aprile 2010

23 Aprile 2010

22 Aprile 2010

21 Aprile 2010

20 Aprile 2010

19 Aprile 2010

18 aprile 2010

17 Aprile 2010

16 Aprile 2010

15 Aprile 2010

14 Aprile 2010

13 Aprile 2010

12 Aprile 2010

11 Aprile 2010

10 Aprile 2010

9 Aprile 2010

8 Aprile 2010

7 Aprile 2010

6 Aprile 2010

4 Aprile 2010

3 Aprile 2010

2 Aprile 2010

1 Aprile 2010

MEDIO ORIENTE / La Palestina si fa stato? Sarebbe un autogol

di Emanuele Ottolenghi *

commenti - |  Condividi su: Facebook Twitter|vota su OKNOtizie|Stampa l'articoloInvia l'articolo|DiminuisciIngrandisci
29 Aprile 2010

L'Autorità nazionale palestinese potrebbe dichiarare unilateralmente l'indipendenza. L'ipotesi, sollevata dal premier palestinese Salam Fayyad, e discussa ieri da Moisés Naím su queste stesse pagine, desta preoccupazione in Israele. Naím la considera nell'ambito delle attuali tensioni tra Israele e Stati Uniti, citando in particolare il recente incidente avvenuto nel corso della visita del vicepresidente americano, Joe Biden, in Israele, durante la quale le autorità municipali di Gerusalemme avevano approvato il quarto di sette passaggi burocratici necessari per l'autorizzazione di 1.600 appartamenti in un quartiere di Gerusalemme costruito oltre la linea verde.
Per Naím è un autogol: Israele non ha la forza o la volontà politica per fare quello che tutti considerano un calcolo pragmatico inevitabile - sacrificare le proprie rivendicazioni sull'altare dell'alleanza americana in nome, soprattutto, dell'incombente minaccia nucleare iraniana. Occorre affrettarsi a trovare un accordo di pace prima che le divergenze aumentino a detrimento delle vere questioni strategiche - e quindi se ne deduce una dura critica al premier israeliano che questo scenario o non capisce o non ha il potere di trasformare, prigioniero com'è della sua coalizione.
Naím dunque solleva non una, ma tre questioni. Prima, la proclamazione unilaterale d'indipendenza. Seconda, il danno causato a Israele. E terza, la miopia politica d'Israele. Secondo Naím, a causa dell'attuale isolamento internazionale israeliano, il neonato stato verrebbe rapidamente riconosciuto da molti paesi. Forse Naím ha ragione, ma la maggior parte di quei paesi già considerano la Palestina uno stato - conferendo ai rappresentanti dell'Olp lo status diplomatico di ambasciatori. La cartina tornasole invece è la capacità dell'Autorità palestinese, a proclama compiuto, di dispiegare in maniera efficace gli attributi di uno stato indipendente.
Questo non accadrà. Lo stato palestinese non controllerà il territorio che rivendica, i confini, lo spazio aereo, le risorse naturali e i collegamenti tra i maggiori centri urbani. Inoltre, la dichiarazione unilaterale libererà Israele dall'obbligo di rispettare gli accordi interinali di Oslo. Israele quindi annetterà rapidamente tutti gli insediamenti e le vie di accesso in Cisgiordania, oltre che la Valle del Giordano. La sua presenza militare avrà facile sopravvento delle forze palestinesi.
Intanto, a Gaza, il governo di Hamas non riconoscerà questo passo e del resto, Hamas, che a Gaza di fatto esercita la sovranità con gli attributi statuali mancanti a uno stato palestinese proclamato da Fayyad, non accetterà di sottostare all'Autorità palestinese. Non lo fa ora - né procede a proclamare uno stato palestinese a Gaza pur essendone il padrone incontrastato - e quindi risulta difficile presumere che lo farà per dar corda a Fayyad. Lo stato di Fayyad dovrà insomma fare i conti con Israele e una guerra civile fratricida palestinese dove le sue forze militari saranno a mal partito. A salvare Fayyad da Hamas toccherà all'esercito israeliano.
Comunque sia, le conseguenze nuoceranno molto di più alla causa palestinese che alle rivendicazioni israeliane anche perché, dopo un sanguinoso nulla di fatto, entrambi dovranno per forza negoziare una soluzione diplomatica. Rimane la miopia politica di Netanyahu. Su questo si può discutere. Ma l'ostacolo principale alla pace non è a Gerusalemme bensì a Ramallah, Gaza, Beirut, Damasco e, per estensione, Teheran. Certo, impedire all'Iran di avere l'atomica è più importante che impuntarsi su qualche appartamento. Ma c'è da chiedersi se la miopia, su questo punto, non sia altrettanto acuta a Washington, dove la distrazione causata da un caseggiato gerosolimitano ha fatto perdere tempo prezioso, ha contribuito a irrigidire le posizioni palestinesi, ha creato un diversivo per l'Iran e non ha giovato in alcun modo agli interessi americani nella regione.

* Emanuele Ottolenghi è Senior Fellow alla Foundation for Defense of Democracies a Washington

29 Aprile 2010
© RIPRODUZIONE RISERVATA
RISULTATI
0
0 VOTI
Stampa l'articoloInvia l'articolo | DiminuisciIngrandisci Condividi su: Facebook FacebookTwitter Twitter|Vota su OkNotizie OKNOtizie|Altri YahooLinkedInWikio

L'informazione del Sole 24 Ore sul tuo cellulare
Abbonati a
Inserisci qui il tuo numero
   
L'informazione del Sole 24 Ore nella tua e-mail
Inscriviti alla NEWSLETTER
Effettua il login o avvia la registrazione.
 
 
 
 
 
 
Cerca quotazione - Tempo Reale  
- Listino personale
- Portfolio
- Euribor
 
 
 
Oggi + Inviati + Visti + Votati
 

-Annunci-