Natale a Beverly Hills è il classico cinepanettone che ruota intorno alla compagnia di giro Christian De Sica-Neri Parenti-De Laurentiis che sta battendo ogni record di incassi. Bene, onore al merito e si diverta chi apprezza il genere, direte voi. Eh no, perché anche sulle gambe della Hunziker e le flessuosità della Ferilli si gioca la battaglia culturale all'interno del centro-destra e siccome le idee, nel bene e nel male, influenzano la politica e perciò la vita di noi tutti, è bene capirci qualcosa.
A dar fuoco alle polveri è Ffweb magazine, la rivista online della fondazione Fare Futuro "vicina" a Gianfranco Fini. In un editoriale natalizio, Ffweb si scaglia contro i fondi pubblici che verranno assegnati al film di Parenti in quanto la legge prevede che sono d'«interesse culturale e nazionale» e perciò meritevoli di finanziamenti quelle pellicole che dimostrano tra l'altro capacità di incassare soldi al botteghino. Apriti cielo! Non è questione di avercela con De Sica, per carità, chiosano i redattori di Ffweb, l'assurdità consiste nel concedere aiuti alla cultura del trash e non agli autori che esprimono un contenuto valido, sperimentano confezionano prodotti che pur di «difficile collocazione» sono di qualità «meno spicciola». E perciò, concludono i critici di Ffweb, boicottiamo il cinepanettone!
Replica a stretto giro dei quotidiani "vicini" al premier. Siete solo degli elitari snob, viene rinfacciato a Fare Futuro ad esempio dal Giornale. Chi vi credete di essere per dire cosa è trash e cosa sia cultura? Questo è il vecchio vizio della sinistra, dei Citto Maselli (che infatti ha protestato) e dei Nanni Moretti. Guardate Quel gran pezzo dell'Ubalda con l'indimenticata Edwige Fenech, definito volgare all'epoca e poi rivalutato da Veltroni! E Totò? Ora è santificato.
Non riesco a prendere posizione per una delle parti. Concordo sul fatto che quando è una commissione ministeriale a giudicare sulla bontà di questo o quell'altro film, la scelta diventa inevitabilmente viziata da criteri politici, gusti personali, clientele, appartenenze e via elencando. Ammettiamo però che si riescano a individuare delle opere ad alto valore culturale o perlomeno non nella categoria di "Ubalda": chi sono i pochi che andrebbero a vedere questi film? Coloro i quali hanno cultura medio-superiore. E in che fasce di reddito si posizionano i laureati e i diplomati? In quelle alte. Risultato? Le tasse dei poveri pagherebbero i divertimenti dei ricchi.
A maggior ragione, però, i contributi e i crediti di imposta pro Boldi, De Sica e Checco Zalone sono veramente indigeribili. Ciò che è più sconfortante, tuttavia, è che a nessuno nel centro-destra ex-liberale o neo-liberal venga in mente la cosa più semplice: abolire qualsiasi sussidio, diretto o indiretto, al cinema. Come tutte le agevolazioni alle imprese, creano distorsioni all'economia, aumentano il carico fiscale e, peggio ancora, non aiutano nemmeno lo sviluppo del settore: statisticamente non c'è alcuna correlazione tra ammontare dei finanziamenti concessi dallo stato al cinema italiano e fatturato dell'industria stessa. Dei 59 film che hanno ricevuto decine di milioni di euro di finanziamenti nel 2008, a ottobre 2009 ancora 49 non erano riusciti a trovare nessuno che li distribuisse, e quelli che sono stati proiettati hanno incassato meno in sala di quanto hanno ricevuto: se non è spreco di risorse questo, cosa lo è?
La competizione e la creatività sono le uniche armi per prosperare in economia e i produttori cinematografici in Italia non mancano. In un paese in cui Pompei è mezza chiusa e a fasi alterne infestata dalla sporcizia, il ministero per i Beni culturali dovrebbe preoccuparsi di Pieraccioni? Andiamo... Come avrebbe detto l'attore che dagli anni 50 ha per 25 anni più di ogni altro fatto ridere gli italiani senza bisogno di troppe parolacce: «Cinepanettone, m'hai provocato... e io te distruggo!».