La conferenza sull'Afghanistan ha demolito un tabù: trattare con i talebani è possibile, anzi auspicabile. Lontani i tempi in cui il presidente Bush jr proclamava la vittoria sugli integralisti, Obama e i suoi generali, stanchi di guerra, devono evitare un fallimento perentorio. Ma l'Occidente già esce in qualche modo battuto: la guerriglia ha avviluppato le truppe in un conflitto senza scadenze, una guerra dove, come amano ripetere i talebani, «voi possedete l'orologio e noi il tempo».
Prima o poi da questo cimitero degli Imperi si uscirà, sperando di non lasciarsi alle spalle l'ennesimo stato fallito. Forse, fin dall'inizio, per stabilizzare il Paese, non c'era un'alternativa al negoziato, soltanto che adesso la guerriglia è più forte di prima, infiltrata sul 70% del territorio. E ancora un volta - questa è una facile previsione - valori democratici e grandi speranze si fermeranno alle frontiere dell'Afghanistan, dove oltre un secolo fa le tribù piantarono un cartello: Forbidden to the foreigneirs, Vietato agli stranieri.