Il capolavoro di J.D. Salinger, lo scrittore americano scomparso a 91 anni, non è il suo più celebre libro, Il giovane Holden, che riletto oggi suona petulante e arrogante. Resteranno invece di Salinger I nove racconti, classici nel loro narrare la coraggiosa - e spesso futile - battaglia degli essere umani contro il destino e il nulla. Libro di fede religiosa come il Padre Sergio di Tolstoj e d'amore, con le giovani donne dello Zio Wiggily nel Connecticut che piangono la fanciullezza («eravamo così tenere») e il soldato del controspionaggio (Salinger lavorò nell'intelligence Usa e sbarcò in Normandia nel '44) con la sua Esmè. Libro di formazione con gli studenti del college sospesi tra vita e identità, entrare nel mondo o restare se stessi? L'ultima produzione scade nella mania (Salinger fu curato per stress da battaglia nel '45) e le pagine di Seymour un'introduzione non si possono più leggere. Ma i lampi sulla adorata famiglia dei personaggi Glass dureranno a lungo, anche quanto l'esilio volontario - questo sì maniacale - di Salinger sarà dimenticato.
Venerdí 29 Gennaio 2010