I dati che fotografano l'economia italiana non sono rosei. Partono da questo assunto Guido Tabellini e Giorgio Barba Navaretti che, nell'editoriale pubblicato sul Sole 24 Ore di ieri, invitano a interventi urgenti, per concludere che si devono dare risorse a chi le usa meglio. Tra il 2005 e il 2008 il Pil italiano è cresciuto di oltre 8 punti meno della media euro: alla base di questo passo corto c'è un rallentamento ventennale del tasso di crescita della produttività sia del lavoro che dell'insieme dei fattori produttivi. Nel tempo non è cresciuta l'efficienza con cui i fattori (lavoro, macchinari, immobili e così via) vengono utilizzati dal sistema produttivo.
La scarsa crescita della produttività si traduce in bassi salari sia lordi che netti e mortifica il potere d'acquisto delle famiglie. Il minor costo del lavoro non è sufficiente a compensare il divario nella produttività delle imprese. Nonostante i salari più bassi, da quando l'Italia è entrata nell'euro il costo del lavoro per unità di prodotto è cresciuto nel nostro paese di circa il 25% in più che in Germania, e il 10% in più che nella media dei paesi dell'euro. Va ricordato inoltre che solo una crescita sostenuta del reddito può ridurre il peso del debito pubblico senza compromettere le capacità di spesa dello stato.
La crescita, dunque: il nodo principale resta quello di come vengono allocate le risorse. Denari, sforzi, lavoro stentano ad andare verso le attività e gli investimenti più produttivi, dove maggiore è il contributo allo sviluppo del paese. Nel settore privato e anche in quello pubblico. I progetti infrastrutturali hanno tempi infiniti; i finanziamenti alle università sono dati a pioggia, senza valutare i meriti e senza capacità vera di attrarre i talenti. Così, concludono Tabellini e Barba Navaretti, per rimuovere gli ostacoli e migliorare il processo di allocazione delle risorse servono tanti piccoli interventi, guidati da un'unica impostazione: facilitare chi sa fare l'uso migliore delle risorse.