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L'India e la Cina sono due civiltà antiche. Ma in Cina l'autorità statale è antica e gode di una forte legittimazione. In India lo stato è giovane. La politica è un negoziato permanente. La democrazia non è, come qualcuno sostiene, un ostacolo al progresso del paese, ma una condizione necessaria per la sua esistenza in quanto stato. Pur con tutte le sue frustrazioni e fallimenti, il sistema politico funziona.
Come sostiene un capitolo del rapporto sullo stato dell'economia, dedicato alle «microfondamenta della crescita», perfino «i costi burocratici imperdonabilmente alti dell'India sono come una risorsa preziosa sepolta sottoterra». Si potrebbe fare tantissimo se lo stato si levasse di torno. Non faccio fatica a immaginare un'India capace di sostenere una crescita vicino al 10% l'anno per un periodo di tempo lungo. A voler essere prudenti, l'economia indiana, a prezzi di mercato, supererà quella britannica nel giro di un decennio e quella giapponese nel giro di vent'anni. In un capitolo su L'India nel mondo sostengo che l'India sta diventando, come la Cina, una "superpotenza prematura", definizione con la quale intendo un paese con un tenore di vita basso ma un'economia gigantesca.
Sfiancato dal peso delle sue pretese, il Regno Unito dovrebbe affrettarsi a offrire alla sua ex colonia il suo seggio al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. La condizione sarebbe che la Francia facesse lo stesso in favore della Ue. Anche se le due potenze europee non dovessero (com'è probabile) dar prova di tanta lungimiranza, è certo che stiamo entrando nell'era delle superpotenze continentali, e l'Asia ne avrà non una, ma due.
(Traduzione di Fabio Galimberti)