Ci sono ogm che circolano tra noi da molto prima della decisione di ieri della commissione europea sulla fecola. Sigle brevi, fatte di poche lettere, niente numeri: semplicemente Pdl e Pd. Partiti geneticamente modificati, per adattarsi meglio all'era del leaderismo e del bipolarismo. Fusioni acrobatiche, figlie dell'urgenza di elezioni che non danno tregua. Creature ambiziose, concepite ad uso di leadership in cerca di gambe possenti su cui far camminare i propri disegni. Intendiamoci, la frammentazione è stata un male storico della seconda repubblica. E un'accentuata diversità biologica, trasposta in politica, è tutt'altro che un bene. Eppure la fusione tra partiti storici (l'ex Pci e gli ex popolari) o un po' meno meno storici (Forza Italia e An) avrebbe probabilmente richiesto tempo, convinzione e slancio molto diversi. Non bastano l'ansia di uscire dalle contraddizioni di un governo troppo diviso o l'esigenza di rispondere con prontezza alle mosse dell'avversario per dar vita a due grandi e coesi partiti europei. L'auspicio è che non si torni indietro, ma i fatti di questi giorni dimostrano che l'incrocio dei geni ha bisogno ancora di tempo e lavoro.