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GENDER GAP DOPO LA CRISI / Neomatriarcato a caro prezzo

di Daniela Roveda

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3 Marzo 2010

Se il maschio americano è in crisi, la donna non ride. Non lo dicono solo i libri, i film, i trattati femministi: questa volta parlano numeri e statistiche economiche, in modo inequivocabile e apparentemente irreversibile. Gli uomini americani soffrono più delle donne la crisi che ha colpito soprattutto settori maschili come costruzioni e manifatturiero. Per la prima volta, negli Usa ci saranno quest'anno più donne occupate che uomini; la percentuale del reddito famigliare portato a casa dalle donne è in crescita da anni. Ci sono oggi più donne capo-famiglia, single o divorziate, che in qualsiasi altra epoca. Le donne stanno superando gli uomini a scuola e all'università, indicazione di un maggior potenziale di reddito in futuro: da tre anni più donne che uomini ottengono titoli di studio liceale, universitario e post-universitario. Entro il 2018 accadrà in tutte le facoltà, da lettere a ingegneria. Il declino del maschio sta alterando l'equilibrio tra i sessi, sta mettendo sotto pressione l'istituto del matrimonio.
L'uomo sta perdendo terreno ovunque. Che si stia realizzando il sogno delle femministe degli anni 70? Non proprio: il declino del maschio non è sempre accompagnato dall'ascesa della donna, anzi la palese conseguenza dell'indebolimento del ruolo maschile, della dissoluzione del matrimonio, dell'instabilità famigliare è, secondo Bradford Wilcox, docente in Virginia, una perdita su tutti i fronti, per uomini e donne. «Le donne finiscono per accollarsi tutte le responsabilità, figli, casa, lavoro - dice Wilcox - non è il risultato che aveva in mente il movimento per l'emancipazione della donna».
Non è stato tanto il movimento femminile quanto il mutamento strutturale dell'economia a mettere in moto il cambiamento nel tessuto socio-economico. Durante la recessione, il 75% di chi ha perso il lavoro è maschio. Il tasso di disoccupazione tra gli uomini è di 2-2,5 punti percentuali più alto di quello delle donne, un divario mai visto. Il 19,4% degli uomini di età compresa tra i 25 e i 54 anni, l'apice della vita lavorativa, era disoccupato a fine 2009, il livello più alto dal 1948. A fine gennaio la percentuale di donne occupate era del 49,9%: il sorpasso potrebbe verificarsi entro l'estate, forse anche prima, secondo il Bureau of Labor Statistics.
La psiche maschile accusa il colpo della disoccupazione e della sotto-occupazione. «Nel 61% delle famiglie in cui l'uomo non lavora o lavora meno, il marito si dichiara infelice, e pensa al divorzio», ha scoperto Wilcox. Cresce anche l'infelicità delle mogli: il marito senza lavoro non si accolla responsabilità domestiche. Gli economisti George Akerlof e Rachel Kranton hanno scoperto che, nel tentativo di salvaguardare la mascolinità, gli uomini disoccupati contribuiscono ancor meno di prima ai lavori di casa. E il loro contributo non è elevato nemmeno quando sono occupati. «Anche se la situazione è migliorata dagli anni 70, quando le donne occupate si accollavano le responsabilità domestiche cinque volte di più dei mariti, oggi se ne accollano "solo" il doppio», dice Wilcox. I cambiamenti del mercato del lavoro non sono stati accompagnati da uguali mutamenti di mentalità: la divisione del lavoro al di fuori delle mura domestiche è quasi uguale, ma quella in casa non lo è ancora.
L'insoddisfazione delle donne che portano a casa lo stipendio e non ricevono adeguato aiuto dal marito disoccupato o sottoccupato si traduce nella dissoluzione del matrimonio; l'onta di avere un figlio al di fuori dell'unione matrimoniale è quasi del tutto cancellata, e non agisce più da freno per arginare l'ondata di divorzi o di gravidanze extra-matrimoniali. Le donne sono indipendenti finanziariamente, le più giovani hanno livelli d'istruzione superiore, crescono i figli da sole: il trend verso il neomatriarcato è inarrestabile.
Il fenomeno sta colpendo in misura preponderante gli strati sociali più bassi, dove il tasso di disoccupazione è più elevato che nella classe medio-alta. Intere comunità di colletti blu sono state devastate dalla crisi, il numero di donne capofamiglia è destinato a crescere ancora, prevede Wilcox. Il tasso di divorzio è diminuito (-3% tra il 2008 e il 2007) perché divorziare costa, ma la previsione è di un'impennata dei divorzi nei prossimi anni. Il numero di divorzi è il miglior indicatore della percentuale delle donne capofamiglia e del fenomeno neomatriarcale.
«La conseguenza più preoccupante di questo fenomeno non è tanto l'indebolimento del ruolo maschile, ma l'ampliamento del divario tra ricchi e poveri», dice il professor Wilcox. Nelle classi più agiate, con livelli d'istruzione e di reddito più elevati, il tasso di disoccupazione è più basso, e più bassa è la percentuale di divorzi e delle famiglie guidate da donne sole. La stabilità famigliare, un importante requisito per la stabilità finanziaria e per assicurare elevati livelli di istruzione ai figli, sta diventando prerogativa dei ricchi.
  CONTINUA ...»

3 Marzo 2010
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