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Regola uno: non tollerare più bolle

di Giacomo Vaciago

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3 Ottobre 2009

La crisi da cui stiamo uscendo è stata particolarmente grave perché ha avuto – assieme – tutte le cause e tutte le caratteristiche negative delle tante crisi che abbiamo conosciuto negli ultimi sessant'anni.
Dal punto di vista macroeconomico, le due principali cause delle crisi passate sono state o gli squilibri delle bilance dei pagamenti o le bolle dei prezzi delle attività patrimoniali (case e/o azioni). Diverse le cause, differenti le conseguenze, diversi quindi anche i rimedi.
Negli anni scorsi avevamo conosciuto tutti e due quei fenomeni, assieme, e quindi anche i rimedi dovrebbero essere così caratterizzati. Che a Pittsburgh si sia insistito soprattutto sul primo aspetto non stupisce.
È tipico dei passi avanti fatti e da fare per il governo dell'economia globale pensare anzitutto ai problemi che caratterizzano i rapporti tra i maggiori paesi. Evitare quindi che nei prossimi anni si ripeta ciò che ha caratterizzato lo scorso decennio: la crescita globale era assicurata dal fatto che un'area (gli Stati Uniti) cresceva soprattutto per i suoi consumi delle famiglie; un'altra area (l'Europa) soprattutto perché esportava i suoi prodotti migliori e una terza area (l'Asia) perché finanziava chi ne acquistava il prodotto, cioè reinvestendo in dollari americani il saldo attivo dei suoi scambi con l'estero.
Quella "specializzazione" di compiti tra le nostre tre aree non era sostenibile anche e soprattutto perché le politiche monetarie (a cominciare da quella americana) erano troppo espansive. Non c'era solo l'abbondante risparmio cinese (saving glut) a stimolare la bolla immobiliare in Florida, in Spagna, in Irlanda. C'era anche una politica monetaria che per principio rinunciava (e qui la continuità tra Greenspan e Bernanke è stata totale) a evitare le bolle speculative. Se Pittsburgh non basta per dare nuove regole anche alle banche centrali è soprattutto perché in questa fase le stesse sono già troppo prese dalla cura dei postumi della grande crisi. Non si dovrebbe mai parlare ai pompieri mentre stanno ancora lavorando a risistemare un edificio pieno di fumo.
Ma se nelle prossime riunioni del G-20 dovremo davvero approvare un nuovo codice di comportamento che definisca non solo le regole comuni (come giustamente insiste l'Italia), ma anche le politiche coordinate (come ha riscoperto nelle settimane scorse il presidente Obama), allora sarà bene ricordare che tutte le crisi più gravi hanno avuto origini non in squilibri di bilancia dei pagamenti, ma in bolle speculative, che per qualche motivo (a volte solo per miopia politica) governi e banche centrali hanno tollerato troppo a lungo. Le bolle hanno infatti il difetto – finché durano – di essere "popolari", perché appaiono arricchire tanti senza nulla togliere a nessuno. Purtroppo il conto lo presentano dopo, quando scoppiano. La crisi da cui stiamo faticosamente uscendo – ovviamente anche perché questa volta non era solo una bolla, ma si erano fatti anche tanti altri errori – dovrebbe assolutamente essere ricordata per un impegno comune: in futuro, le bolle – che poi producono miseria e tanta sofferenza – saranno sempre evitate.

3 Ottobre 2009
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