Nell'assegnazione delle Olimpiadi 2016 a Rio de Janeiro c'è molto, moltissimo Lula Ignacio da Silva, l'ex lustrascarpe arrivato alla guida del Brasile su spinta populista e trasformatosi progressivamente in un leader concreto, ai limiti del realismo. Lula siede con disinvoltura al tavolo del G-20, conquista spazio su uno dei più scivolosi palcoscenici internazionali, il Sudamerica che brucia leader come cerini, guadagna credibilità nel mondo per sè e il suo paese. Il voto del Comitato olimpico internazionale, un'assemblea che rappresenta tutto il pianeta, lo ha conquistato con un lavorìo diplomatico lungo e paziente, che ha resistito anche al tentativo di rimonta in extremis di Obama. Ora per il Brasile si apre la stagione decisiva: il ruolo attivo nelle vertenze d'area, prima fra tutte l'Honduras, l'organizzazione dei Mondiali di calcio del 2014 e delle Olimpiadi del 2016. Una volata lunga che, con gli investimenti, l'ammodernamento infrastrutturale e la leva psicologica dei due grandi eventi, può portare il Brasile in un'era diversa. Un'occasione che, a cascata, tutto il Sudamerica può cogliere al volo.