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Quel testamento non è ignoto

di Armando Massarenti

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3 Ottobre 2009

Due italiani su tre, il 66 per cento, sanno definire correttamente che cos'è il testamento biologico.Se faceste lo stesso test chiedendo una definizione di «federalismo fiscale» otterreste un dato inferiore di più della metà. Il datoè eclatante, soprattutto se si considera che sui temi della bioetica la confusione mediatica è elevata.
Il dato emerge da uno studio di Observa, l'Osservatorio scienza e società, diretto dal sociologo della scienza Massimiano Bucchi. L'attenzione per i temi legati alle decisioni di "fine vita", e in particolare per la questione del testamento biologico, cresce e si fa più consapevole.
Rispetto alla precedente rilevazione, del 2005, l'unica confrontabile con questa, si registra qualche lieve scostamento. In caso di grave malattia senza speranza di guarigione e perdita di coscienza del soggetto, oltre uno su due (51%, rispetto al 58% del 2005) ritiene che spetti a ciascun individuo dare indicazioni preventive sulle proprie cure. C'è un 7%in meno,compensato però da un 31% che pensa che questa indicazione spetti al parente più prossimo. Solo il 13% la attribuisce al personale medico (nel 2005 era il 9%). Il 51% di italiani che propendono per il testamento biologico hanno poi risposto alla domanda: «Che cosa è giusto che una persona possa indicare nel testamento biologico?» «Non ricevere cibo e acqua per via artificiale» raccoglie un inequivocabile 73,3 per cento. «Rifiutare ogni farmaco o terapia per prolungare le funzioni vitali»è all'80,4 per cento;e«Ricevere un farmaco per essere aiutato a morire » (60,7%). Ma anche «decidere di essere mantenuti in vita con tutti i mezzi possibili » è, secondo il 64,5%, un'opzione che deve essere garantita. Fatto salvo ovviamente il principio che è chi stila il testamento che lo decide.
L'Osservatorio scienza e società è dal 2002 il primo monitoraggio permanente delle tendenze e degli orientamenti dell'opinione pubblica italiana nei confronti di ricerca e innovazione tecnologica. Altre indagini, anche se non direttamente confrontabili con quest'ultima, mostrano che gli italiani non hanno molti tabù, propedono per la libertà di scelta, e soprattutto si esprimono con cognizione di causa. Il dato più eclatante veniva da un sondaggio Eurispes del 2006. Su un tema controverso come l'eutanasia attiva, che i politici tendono a evitare del tutto, emergeva che il 38% dei cattolici e il 69% dei non cattolici erano favorevoli. Nel 2007 un sondaggio Ipsos evidenziava che il 74% dei cattolici impegnati in attività parrocchiali ritiene che la voce della Chiesa vada ascoltata, ma poi «decide la coscienza individuale ». Sempre nel 2007, era ancora Observa a pubblicare uno studio sul testamento biologico: il 78% degli italiani si dichiarava favorevole, mentre i contrari scendevano al 16,8 per cento.
Observa ha anche divulgato nei giorni scorsi i dati relativi alla fecondazione assistita e alla ricerca sulle cellule staminali. Sono stati presentati a Venezia alla «Fifth World Conference The Future of Science » organizzata da Umberto Veronesi e dedicata alla «Rivoluzione del Dna». Anche questi confermano la crescita delle tendenze più liberali. Rispetto al 2006, i contrari alle varie modalità di fecondazione assistita sono scesi dal 22% al 12%; nello stesso tempo,i contrari all'utilizzo di cellule staminali di embrioni umani per scopi di ricerca sono scesi dal 34% al 17 per cento. Per due italiani su tre (67%) «è giusto utilizzare tutte le possibilità che la scienza offre per avere un figlio». Ampia è anche l'apertura all'utilizzo di esami del Dna per conoscere l'eventuale predisposizione a determinate patologie: il 77% crede che sarebbe opportuno che tutti lo facessero.
Resta invece molto negativo il giudizio sulla possibilità che in futuro, attraverso le tecnologie riproduttive, i genitori possano "scegliere" alcune caratteristiche biologiche dei propri figli, quali ad esempio il sesso.
Secondo Massimiano Bucchi, questi risultati sfatano anche il mito secondo cui le posizioni più restrittive nei confronti dei temi etici siano dettate da ignoranza. In realtà i soggetti più informati e consapevoli sono presenti sia nello schieramento pro che in quello contro. Se si confrontano le posizioni sui diversi temi si vede che coloro che hanno un giudizio positivo e aperto in un certo ambito, tendenzialmente lo hanno anche negli altri, al punto da poter definire con una certa precisione tre differenti posizioni generali, così battezzate da Bucchi: i biocritici (17%); i bioentusiasti (36%) e i biomoderati (47%). Dal che si evince che l'83% degli italiani ha un atteggiamento non ostile nei riguardi dei temi della ricerca e delle sue applicazioni in campo biomedico, comprese quelle più rilevanti dal punto di vista bioetico.

3 Ottobre 2009
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