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CONFINDUSTRIA CONTRO LE COSCHE
Saviano: «Imprese sane medicina antimafia»

di Marco Alfieri

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30 gennaio 2010

«Un gesto importante, una svolta, ora non ci si fermi». La scelta di Confindustria di obbligare gli imprenditori - tutti gli imprenditori: grandi e piccoli, famosi e invisibili - a denunciare l'estorsione e a non piegarsi al ricatto malavitoso «è un passo fondamentale, anzitutto culturale, nel contrasto alle organizzazioni criminali. Per la prima volta, formalizza un codice antimafia che parte direttamente dalla volontà degli imprenditori», giocoforza responsabilizzandoli. E sanzionandoli. «Chi non denuncia, è fuori», senza se e senza ma. «Come dire che chi tace è parte del meccanismo mafioso». Tutti avvisati, insomma, e «più nessuna scusa».

Per Roberto Saviano, autore più che famoso e tormentato del best seller Gomorra, la decisione presa l'altro ieri dall'associazione guidata da Emma Marcegaglia è un positivo sollevarsi dall'apatia e dalla pigrizia che pervade certe aree del Sud (ma non solo). «La naturale conseguenza di questo percorso – prosegue lo scrittore campano – sarà espellere da Confindustria anche quegli imprenditori che si sono giovati, nel tempo, dell'aiuto delle organizzazioni criminali affidando sub-appalti e ricevendone in cambio forniture, sicurezza sul posto di lavoro, garanzia di consegna nei tempi dei Tir, e magari assicurazioni a sconto e permessi per aprire locali e capannoni. Godendo, sostanzialmente, di un partenariato mafioso. Non ci si deve fermare, si può andare avanti con coerenza».

In molti casi è il solito cortocircuito infernale. La grande impresa pulita che vince la gara ma poi, dietro, chi assicura prodotti, ricambi, manutenzione, manodopera? «E chi ti fa il massimo ribasso del 40%?», s'accalora Saviano. «Già il pool antimafia di Antonino Caponnetto lo diceva: se l'unico criterio di aggiudicazione è sempre e solo il minor costo al minor tempo possibile di realizzazione, vinceranno sempre loro, le imprese colluse».

Ovviamente sarà una strada difficile quella imboccata da Confindustria. Infida, scivolosa. Bisogna muoversi in un gioco di specchi, tra mille dissimulazioni e resistenze.
«L'importante è avere consapevolezza che la strada vincente sia proprio quella della battaglia economica alla mafia. Le cosche, infatti, hanno in mano i punti nevralgici: il ciclo del cemento, dei trasporti, del petrolio». Il che significa che per fermare la peste non bastano parole al miele. Non bastano le associazioni, le denunce, i manifesti, gli appelli. Solo il business sano scaccerà i soldi marci, mentre oggi pagare l'estorsione paradossalmente conviene. «Esattamente», conferma Saviano. «Solo se rendi conveniente fare i soldi puliti si riesce a sconfiggere Gomorra. Seguire percorsi legali non deve semplicemente essere una scelta morale. Ci vuole la convenienza, anche utilitaristica, a fare business pulito. Altrimenti resta una battaglia etica, da puristi. Per questo la scorciatoia criminale, che nel breve periodo può generare maggiori liquidità e vantaggi, deve avere come naturale conseguenza crisi, galera e difficoltà sempre crescenti». Tertium non datur. «E speriamo Confindustria voglia seguire fino in fondo questa strada, dando battaglia alle organizzazioni criminali, con l'obbligo di denuncia».

Naturalmente la presidente Marcegaglia pensa anzitutto al sud quando lancia la sua strategia anti-pizzo. Però il grande intreccio ogni anno sale e sale e si mangia un pezzetto d'Italia. L'Expo 2015 è sotto attacco delle mafie. Lo dicono tutti i rapporti delle procure. «Il problema è proprio questo», continua Saviano. «Al Nord cittadini e istituzioni non hanno cognizione vera della piaga. La mafia non è un problema sociale o di pizzo, come a Scampia, a Casal di Principe o a Locri, bensì economico».
Non a caso c'è chi dice che a Milano la mafia semplicemente non c'è. Errore madornale, per Saviano. «Chi lo afferma dice una cosa grave, identica a chi dice che la mafia non esiste tout court. È solo riconoscendo il problema che si può risolverlo. Sono piuttosto le cosche che non vogliono si dica che loro esistano».

Il vecchio vizio di una certa classe dirigente italiana, convinta che se si denuncia il marcio si allontanano gli investimenti... «Parliamo del bene, non del male, ti ripetono ossessivamente». Ma non basta «Perché non puoi incentivare il turismo se distruggi le coste, o se il circuito viene alimentato con i soldi sporchi. È come se parlando del male, uno tifasse per il male. Paradossale, no?».

30 gennaio 2010
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