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Da Berna all'Aia, da Roma a Parigi, monta il pregiudizio anti-islamico, fomentato dalle minacce di al-Qaeda. «Ma perché facciamo guerra all'Islam? - si domanda Roy, capovolgendo il luogo comune secondo cui è l'Islam radicale, semmai, a farci la guerra. - Per una parte della sinistra, l'Islam va combattuto in nome della laicità, dei diritti dell'uomo e della parità tra i sessi. Ma sempre di più lo si fa in nome dell'identità cristiana. Perfino intellettuali come Max Gallo, un ex-gauchiste che adesso va in chiesa, anche se non crede in Dio, al solo scopo di sostenere la civiltà europea, proprio come la vecchia Action française di Maurras (che peraltro la Chiesa condannò nel 1926). La sinistra è in un'impasse. Non ha saputo concepire un discorso di libertà sul problema religioso. Chiede solo di proibire il velo. E finisce così per allinearsi alla destra cristiana. Ma come conciliare il matrimonio gay e l'identità cristiana dell'Europa? C'è anche una sinistra terzomondista, specialmente in Inghilterra, che simpatizza con l'Islam in quanto strumento di riscatto degli oppressi, ma in tal modo giustifica i fondamentalisti».
Roy mi mostra la copertina di un libro appena uscito in Turchia: Osama Bin Laden, il Che Guevara d'Oriente, con le due icone sovrapposte in un collage surreale, che fa rabbrividire. «Il paragone non sta in piedi. Ma è la prova migliore che l'estrema sinistra, orfana del comunismo, subisce oggi il fascino dei movimenti radicali islamici».
Hanno ragione allora quelli che vorrebbero arginare "l'invasione" musulmana, vietando la costruzione di nuove moschee, vivaio di futuri terroristi? «Assurdo. L'immigrazione avverrà con o senza moschee. E la libertà religiosa è uno dei fondamenti della cultura politica europea. Si facciano dei minareti in stile svizzero, delle moschee all'occidentale, moderne. Ma non si chieda agli immigrati di convertirsi o di rinnegare la loro fede».