Scape ha immaginato un'architettura aperta al pubblico. Il progetto, Freedom server, è un luogo reale e virtuale allo stesso tempo, dove vengono raccolti e diffusi dati relativi a esperienze, richieste di aiuto, informazioni sulle condizioni di vita provenienti da tutto il mondo. «Proponiamo un faro-antenna per la pace, che potrebbe essere posto sotto la tutela delle Nazioni Unite. Senza apporre nessun tipo di filtro istituzionale e politico, qui l'informazione - spiega Paolo Mezzalama, uno dei soci - dovrebbe essere veicolata attraverso diversi strumenti di comunicazione, network, che si esplicitano attraverso la rete, i telefoni cellulari e danno vita a blog, programmi per messaggistica tipo Twitter».
Un'architettura dinamica, catalizzatrice di informazioni, che Scape immagina di costruire nel cuore della città, in un luogo di grande attraversamento «se fossimo a New York, lo penserei a Times Square - dice Mezzalama –. Per il suo significato intrinseco, a Roma, una buona localizzazione potrebbe anche essere all'Aventino, vicino alla sede della Fao».
Le nuove generazioni superano l'ostacolo della retorica che rischia di pesare quando si affronta il tema di un monumento per la patria, pensando più al contenuto che al contenitore, e sfruttando la tecnologia e i modi di comunicazione alternativa, più immediati e efficaci. «Si potrebbe dare un numero di telefono con cui spedire sms, leggere blog dalla Cina, dall'America, dai paesi in guerra. Pensiamo che la memoria - conclude Mezzalama - possa essere trasmessa in modo più forte se viene sfruttata per qualcosa che rimane nel presente. Così l'impegno dei caduti per la pace, l'ideale per il quale hanno combattuto, potrebbe trovare un effetto concreto, che va oltre la semplice commemorazione».
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