L'Italia fa un passo avanti nella classifica della competitività. Dall'ottavo posto di due anni addietro diventa settima. Su una scala, costruita dalla Kpmg, sui dati dei dieci paesi più industrializzati e che, a sorpresa, vede la Germania e il Giappone in coda alla classifica. Per l'Italia, però, oltre al passo avanti ci sono da segnalare almeno un paio di passi indietro. L'Italia rimane tra i paesi più cari (pesano tasse e costo delle utility) per le imprese. La burocrazia, ritardi, cavilli e una regulation pesante e complessa sono tra gli elementi che maggiormente zavorrano le aziende. Ci vogliono 66 settimane, ossia oltre un anno (rispetto alle quattro del Giappone o alle otto degli Usa) per chiudere una vertenza sindacale. Inoltre servono in media 257 giorni (più di otto mesi) per ottenere i permessi necessari a costruire un nuovo edificio destinato ad attività produttive o commerciali (contro i 40 giorni degli Usa). Ma l'aspetto più preoccupante è quello della ricerca: qui l'Italia, per vari motivi, sconta il ritardo competitivo più forte e il differenziale maggiore rispetto agli altri paesi. L'Italia è il paese industrializzato in cui è più costoso investire in ricerca e sviluppo. Zavorrare il futuro è un autogol che il paese non può più permettersi.