Facebook è un luogo d'incontro per 350 milioni di persone. Ma negli ultimi mesi, la possibilità di partecipare, condividere riflessioni, restare in contatto con altri è stata a rischio. Perché pirati informatici solitari e truffatori organizzati hanno inondato di email spazzatura il social network. Rallentando l'attività o impedendo l'accesso alla rete sociale. Sanford Wallace, uno spammer su Facebook, recidivo, è diventato il capro espiatorio esemplare: un tribunale californiano lo ha condannato a una multa da 711 milioni di dollari. Esorbitante. Il fondatore di Facebook, Mark Zuckerberg, spera che la condanna sia un deterrente. Ma la sua entità, sproporzionata, è tale che la multa non verrà pagata, rendendola meno che efficace. La vera cura contro lo spam resta la consapevolezza delle persone che usano la rete. Basta uno che ci caschi per alimentare una pratica che infastidisce milioni. Ma accanto a questo, si deve forse vedere qualcosa di più: uno sforzo significativo delle piattaforme che, come Facebook, stanno diventando potenze economiche mondiali ma che riescono a proteggere ancora troppo poco i loro iscritti.